mercoledì 18 aprile 2018

Frank il fachiro

Gabriele Picco - Frank il fachiro

Un fachiro di Buffalora
Tiziano Scarpa

C’era un fachiro di Buffalora
che si abbronzava nella controra.
Quando d’estate il sole picchiava
tutto il paese si rintanava:
uteri d’ombra, stanze oscurate,
penniche in arie condizionate;
cubi di vento nel meteo arrosto,
freschi febbrai abitati in agosto.
Soltanto lui si esponeva ai raggi,
senza ombrelloni, creme o panneggi.
Usciva in piazza, al centro dell’afa.
L’asfalto ardeva come una stufa.
Si distendeva su un materasso
fatto di chiodi e lame da scasso.
Così veniva in toto trafitto:
sopra dal sole, sotto dal letto.
Metà stracotto, metà straziato,
si cospargeva di sale e aceto,
peperoncino, ortica, limone
dentro le piaghe, in ogni lesione.
Mangiava vetri e filo spinato,
senza tisana o bicarbonato.
Sassi di ghiaccio nella tempesta
grevi ammaccavano la sua testa.
Coglieva al volo, per penitenza,
ogni occasione di sofferenza.
Ma non sentiva niente di niente.
A ogni dolore era indifferente.
«Chiodi e lamette, grandine e fuoco:
tutto ho patito, ma è troppo poco.
Devo affrontare il peggio del peggio.
Sfidare il mondo con più coraggio».
Si fece assumere da una ditta.
Andò in ufficio in giacca e cravatta.
Fece la spesa nei shopping district,
in mezzo agli hipster e ai fashion addict.
Speed date, palestre, corsi di tango,
saune, piscine, cure di fango:
bazzicò bar e sale scommesse,
sedusse ostesse, stese commesse.
Si diede ai vizi più deliziosi:
alcol, gelati, sesso, narcosi.
«Voglio abbassarmi ancora più in fondo,
fino al pilastro che regge il mondo:
soldi, successo, competizione,
calcio, cucina, televisione».
E nella sua innocente deboscia,
tempo tre mesi, morì d’angoscia.


http://www.ilprimoamore.com/blogNEW/blogDATA/spip.php?article3910




Nessun commento:

Posta un commento