martedì 31 gennaio 2017

...qualcosa di amaro, di malsicuro e di deluso



[...]
Guardai in quel momento Anna Magnani e vidi che, chiaramente, essa non partecipava che a metà a questa specie di improvvisata rappresentazione. Certo i suoi occhi magnetici brillavano di eccitazione non finta; certo la celebre risata crudele e aggressiva si accendeva con perfetta naturalezza sul viso un po’ stanco e macerato, ma al tempo stesso c’era in lei qualcosa di amaro, di malsicuro e di deluso.

Alberto Moravia



Zelig



Zelig
(Zelig - 1983)

Woody Allen


Leonard Zelig è un insicuro cronico. Ha talmente bisogno di essere accettato dagli altri da diventare un vero e proprio camaleonte umano. A seconda della situazione in cui si trova e di chi gli sta attorno, Zelig cambia il proprio comportamento, il proprio modo di parlare e persino il proprio aspetto. Una psichiatra, Eudora Fletcher, lo intervista a lungo per capire cosa sta alla base di tanta insicurezza.

La trama non nasconde la riflessione del suo autore sulle difficoltà di integrazione che ha il singolo appartenente ad una minoranza all’interno della società moderna, non nasconde la critica al conformismo e ancor di più alla malsana abitudine di innalzare a livello di idolo chiunque riesca a brillare anche solo per un momento, per poi rigettarlo nella polvere appena ci si rende conto che la sua grande capacità tale non era.

 

L’inevitabile conformismo, l’adeguarsi, la comodità poco gratificante di far parte.

Incontriamo tutti i giorni il nostro “Zelig”, fa parte di noi, si appropria del nostro corpo e lo usa, lo strausa distruggendolo.

Non diciamo nulla, forse poco, e gli lasciamo campo libero, decide per noi, intraprende, lavora, ci mangia e ci svuota! Si! Ci svuota quasi completamente!

Non è facile difendersi, è una morsa terrificante e straziante, ci consuma e quasi non ce ne accorgiamo, o meglio abbiamo bisogno di strumenti esterni per combatterlo. Procediamo, cerchiamo di analizzare e accettare che fa parte di noi, è in noi ed è un elemento da controllare, impossibile sradicarlo.

Il controllo costa, ha bisogno di sofisticati strumenti per governarlo, sempre in continua evoluzione: la cultura, la curiosità e la voglia di conoscersi sono degli ottimi strumenti difensivi...

Lasciando il gioco, e la metafora, tutti noi tendiamo a “conformarci”, ad accetare il normale utilizzo della nostra identità, lo scorrere contingente, qualunque esso sia (proviamo a pensare solo ai nazisti, ai fascisti e le persone che ne facevano parte).

Se cambiamo la prospettiva, la distanza, riusciamo a vederci ridicoli come in una foto da cerimonia di venti anni fa. Lo specchio continuo di noi stessi è il primario antitodo; l’aiuto degli altri, opportunamente stimolati,  è fondamentale.

Tutto questo è difficile, stressante, costoso e da la continua sensazione di camminare su un terreno altamente instabile. Poi ci sono le cadute, pesanti , dolorose, che ti piegano nella carne e nella mente, tendendo allo scoraggiamento  facendoti abbracciare quella enorme bugia che è:

IL COMUNE SENSO DELL”ACCETTATO.

luciopicca


guard rail, barriera di contenimento


guard rail, barriera di contenimento
guardavia
proteggi…
il bambino dà delle risposte
sa rispondere e risponde
pagare la taglia all’esattore
tutti i giorni in mezzo al campo
col caldo, col freddo
lavorare tutto l’anno
ammassare la fatica
sviluppo ineguale
tradizione, fatto non idea
agente
l’ideale dell’io fa delle immagini ammirate e idealizzate
modello di aspirazione
pesci che da un fiume sono trasferiti in un vivaio, non sospettano di essere lì
per venir mangiati
not liquet
la cosa non è chiara
solamente quando siamo costretti da cause avverse
luciopicca

guard rail, containment barrier
guardrail
Protect ...

the child gives the answers
He can answer and responds

pay cuts all'esattore

every day in the middle of the field
the heat, the cold
working all year
amassing fatigue

uneven development
tradition, did not know

agent

the ego ideal is admired and idealized image
Suction model

fish from a river have moved to a nursery, they do not suspect of being there
to be eaten

not liquet
it is not clear

only when we are forced by adverse causes

luciopicca




guard-rail, barreira de contenção
guardrail
Proteger ...

a criança as respostas
Ele pode responder e responde

cortes salariais all'esattore

todos os dias no meio do campo
o calor, o frio
trabalhando durante todo o ano
fadiga acumulando

desenvolvimento desigual
tradição, não sabia

agente

o ideal do ego é admirado e idealizado imagem
modelo de sucção

peixes de um rio se mudaram para um viveiro, eles não suspeitam de estar lá
para ser comido

não liquet
não é clara

somente quando somos forçados por causas adversas



luciopicca






barrière de sécurité, la barrière de confinement
garde-corps
Protéger ...

l'enfant donne les réponses
Il peut répondre et répond

des réductions de salaire all'esattore

tous les jours au milieu du champ
la chaleur, le froid
travailler toute l'année
fatigue amassant

développement inégal
tradition, ne savait pas

agent

l'idéal du moi est admiré et l'image idéalisée
Modèle d'aspiration

poissons d'une rivière ont déménagé à une pépinière, ils ne soupçonnent pas d'être là
pour être mangés

pas liquet
on ne sait pas

que lorsque nous sommes contraints par des causes défavorables

luciopicca







barandilla, barrera de contención
barandilla
Proteger ...

el niño da las respuestas
Él puede responder y responde

recortes salariales all'esattore

cada día en el centro del campo
el calor, el frío
trabajando durante todo el año
la fatiga amasar

desarrollo desigual
tradición, no sabían

agente

el ideal del yo es admirado e idealizada imagen
modelo de succión

peces de un río se han trasladado a un cuarto de niños, que no sospechan de estar allí
para ser comido

no liquet
no está claro

sólo cuando nos vemos obligados por causas adversas

luciopicca

 




Ottavia


OTTAVIA

Se volete credermi, bene. Ora dirò come è fatta Ottavia, città - ragnatela. C'è un precipizio in mezzo a due montagne scoscese: la città è sul vuoto, legata alle due creste con funi e catene e passerelle. Si cammina sulle traversine di legno, attenti a non mettere il piede negli intervalli, o ci si aggrappa alle maglie di canapa. Sotto non c'è niente per centinaia e centinaia di metri: qualche nuvola scorre; s'intravede più in basso il fondo del burrone.

Questa è la base della città: una rete che serve da passaggio e da sostegno. Tutto il resto, invece d'elevarsi sopra, sta appeso sotto: scale di corda, amache, case fatte a sacco, attaccapanni, terrazzi come navicelle, otri d'acqua, becchi del gas, girarrosti, cesti appesi a spaghi, montacarichi, docce, trapezi e anelli per i giochi, teleferiche, lampadari, vasi con piante dal fogliame pendulo.

Sospesa sull'abisso, la vita degli abitanti d'Ottavia è meno incerta che in altre città. Sanno che più di tanto la rete non regge. 

Italo Calvino, Le città invisibili


If you choose to believe me, good. Now I will tell
how Octavia, the spider-web city, is made. There is
a precipice between two steep mountains: the city is
over the void, bound to the two crests with ropes
and chains and catwalks. You walk on the little
wooden ties, careful not to set your foot in the open
spaces, or you cling to the hempen strands. Below
there is nothing for hundreds and hundreds of feet: a
few clouds glide past; farther down you can glimpse
the chasm's bed.
This is the foundation of the city: a net which
serves as passage and as support. All the rest, instead
of rising up, is hung below: rope ladders, hammocks,
houses made like sacks, clothes hangers, terraces
like gondolas, skins of water, gas jets, spits,
baskets on strings, dumb-waiters, showers, trapezes
and rings for children's games, cable cars, chandeliers,
pots with trailing plants.
Suspended over the abyss, the life of Octavia's inhabitants
is less uncertain than in other cities. They
know the net will last only so long.



Italo Calvino, Invisible Cities

013 nonsense


relaciones humanas basadas en los intercambios económicos toman el lugar de las relaciones sociales tradicionales
la experiencia de pago
crisis, κρίνω, por separado, decidir
intercambio y consumo
luciopicca

relations humaines basées sur les échanges économiques prennent la place des relations sociales traditionnelles
expérience pour une taxe
crise, κρίνω, séparé, décider
échange et la consommation
luciopicca

menschliche Beziehungen, die auf den wirtschaftlichen Austausch treten an die Stelle der traditionellen sozialen Beziehungen
Erfahrung für eine Gebühr
Krise, κρίνω, zu trennen, entscheiden
Austausch und Verbrauch
luciopicca

human relations based on economic exchanges take the place of traditional social relations
experience for a fee
crisis, κρίνω, separate, decide
exchange and consumption
luciopicca

relações humanas baseadas na trocas económicas tomar o lugar das relações sociais tradicionais
experiência para uma taxa
crise, κρίνω, separado, decidir
troca e consumo
luciopicca

基于经济交流人际关系取代传统社会关系的地方
收费体验
危机κρίνω,独立决定
交换和消费
luciopicca

lunedì 30 gennaio 2017

Saulo di Tarso



Saulo di Tarso – Caravaggio

Sfruttiamo il momento.

Il caos è distratto ed ha alzato il suo zoccolo: via dentro!

 

Il famoso dipinto “La conversione di San Paolo” eseguito da Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio, è stato realizzato dal pittore all’età di trent’anni ed è custodito presso la Chiesa di Santa Maria del Popolo in Roma, all’interno della Cappella Cerasi.

La grande tela (2.30x1.75 mt) propone la conversione sulla via per Damasco[i].

Inconsueta l’ambientazione: la scena è una semplice stalla, una postazione poco prima la città cui Saulo era diretto. Testimoni della vicenda soprannaturale: il cavallo, che occupa più della metà del dipinto, un anziano palafreniere che appena s’intravede sulla destra del dipinto, dietro il muscoloso collo possente del destriero. Paolo, invece, è riverso a terra, rappresentato nell’istante successivo a quella «luce del cielo –che [n.d.r.]- gli folgoreggiò intorno» abbantendolo al suolo.

Non credo in dio!
Forse credo nel Caos, ma non del tutto, ho sempre dubbi.
Credo nel dubbio!

E’ meglio.

Saulo, Paolo che si converte per opera dello spirito santo!
La fede aiuta a sopportare l’assurdo, prerogativa principale è crederci!

L’assurdo esiste.

Esiste questo stato dilagante di disagio, condito con le brutture della vita, alleviato da quei brevissimi momenti di serenità.

Lo zoccolo alzato del Caos ci permette, ci regala un attimo di serenità. Non possiamo prevederlo, nè pianificarlo – capita!

Quando si verifica l’evento – via dentro come pazzi scatenati.
Tra un momento il destriero,
muscoloso,
impazzito del caos riabbasserà il suo zoccolo.

Amo l’assurdo di Albert Camus, la sua poetica filosofica.
Sbobino i frammenti camusiani:

Non voglio essere un genio: ho già problemi a sufficienza cercando di essere solo
un uomo.

Esprime in modo difficilmente dimenticabile l'incolmabile distanza, anzi   la vera
e propria "estraneità" che separa l'uomo dal mondo.

La realtà per Camus non ha alcun senso; gli eventi accadono, avvengono senza che il
pensiero possa coglierne motivi e significati plausibili: ecco allora che l'uomo,
con il suo pensiero, si trova ad essere straniero nel mondo. Però anche gli atti e
i comportamenti umani non riescono a esibire una razionalità in grado di
giustificarli, o almeno di giustificarli.

La realtà "è senza ragione"

''assurdità: l'assurdità nel duplice senso che le cose e gli eventi non hanno
senso, e che gli atti umani sono sempre inadeguati sia rispetto alle possibilità e
ai desideri, sia rispetto al contesto mondano entro il quale vengono compiuti."


L'assurdo è un peccato senza Dio

"tutto ciò che esalta la vita ne accresce, nello stesso tempo, l'assurdità".

Contro l'insensatezza del mondo l'uomo può e deve avere il coraggio di reagire
levando alta la sua voce, la sua protesta, la sua prospettiva donatrice di senso
(sia pure di un senso non assoluto).

mito di Sisifo

"Nella profondità dell'inverno, ho imparato alla fine che dentro di me c'è
un'estate invincibile"

La peste : la città di Orano è colpita da un'epidemia inesorabile e tremenda,
preannunciata da una grande moria di topi. Isolata con un cordone sanitario dal
resto del mondo, affamata, incapace di fermare la pestilenza, la città diventa il
palcoscenico e il vetrino da esperimento per le passioni di un'umanità al limite
tra disgregazione e solidarietà. La fede religiosa, l'edonismo di chi non crede
nelle astrazioni, ma neppure è capace di "essere felice da solo", il semplice
sentimento del proprio dovere sono i protagonisti della vicenda; l'indifferenza, il
panico, lo spirito burocratico e l'egoismo gretto gli alleati del mondo. Tra i
personaggi principali il dottor Rieux, il medico che, al di fuori di ogni opzione
politica o religiosa, trova nell' esercizio della sua professione la
giustificazione del suo esistere. Si realizza nella lotta per strappare alla morte
i suoi malati e si ribella contro l' assurdo della morte che non può accettare come
espiazione, come gli suggerisce il gesuita Paneloux. Il gesuita stesso, sconvolto
dalla crudeltà degli avvenimenti, a un certo punto metterà in dubbio la validità
della massima "sia fatta la tua volontà". Tarrou, l' uomo che, dopo un passato
ricco di esperienze, si ribella alla società costituita e, volontario dei servizi
sanitari per combattere l' epidemia, ne muore quando questa è stata pressoché
debellata. Rambert, giornalista straniero per caso nella città, che cerca con ogni
mezzo di andarsene, ma resta infine perché capisce che un uomo non può abbandonare
altri uomini che soffrono. La lotta contro il male è l' argomento di questa
cronaca, che alla fine il lettore apprende essere opera del dottor Rieux. La peste
sarà vinta, ma sul male che essa rappresenta non ci possono essere vittorie
definitive. Un dramma collettivo dunque (la peste si riveste di un evidente
significato simbolico) spinge i protagonisti del romanzo a cogliere i valori
connessi all'esistenza umana in quanto tale: "vi sono negli uomini più cose da
ammirare che da disprezzare". E questi valori sono tanto più sostanziali e
profondi quando si riferiscono all'essere umano come "l'altro", come "il prossimo":
sollecitato da una situazione esterna avversa, l'uomo scopre di essere accomunato
agli altri uomini dall'esistenza di sentimenti e aspirazioni simili- a cominciare
dal desiderio di reagire alla disperazione e alla morte.

"Invece di uccidere e morire per diventare quello che non siamo, dovremo vivere e
lasciare vivere per creare quello che realmente siamo. "

Sfruttiamo il momento, lo zoccolo è una zoccola!

luciopicca

 




falsa informazione


falsa informazione
sovrappensiero
non più dolci sorprese
sorride nel pianto
rabbrividendo canta
le grandi parole semplici
vieni meco
dubbio, scoramento
acculturazione omologante
costellazione di frammenti
frammentazione emotiva
frammento
spersonalizzazione dello sguardo
frammenti, rappresentazione modulare
Crowdworking, folla
modificazione dell'identità
abiezione
assurdo, rivolta, misura
la bellezza di elena
limite, separazione
ad infinitum
autismo corale
invalidità di massa
manutenzione della solitudine
mind breaths, respiri mentali
abreazione
terrore, pazzia, diversità,  incomunicabilità, compassione
nulla, è semplicemente finito
sirene del dover-essere
esperienza, dimensione assoluta
luciopicca

false information
absentmindedly
no sweet surprises
He smiles in tears
shivering sings
large simple words
come with me
doubt, discouragement
acculturation approval
constellation of fragments
fragmentation emotional
fragment
depersonalization of the look
shards, modular representation
Crowdworking, crowd
change identity
vileness
absurd, revolt, measuring
the beauty of elena
limit, separation
ad infinitum
choral autism
Mass disability
maintenance of loneliness
Mind breaths, breaths mental
abreaction
terror, madness, diversity, lack of communication, compassion
nothing, is simply finished
sirens ought
experience, absolute size
luciopicca


falsche Informationen
geistesabwesend
keine süßen Überraschungen
Er lächelt in Tränen
Schüttelfrost singt
große einfache Worte
komm mit mir
Zweifel, Entmutigung
Akkulturation Zulassung
Konstellation von Fragmenten
Fragmentierung emotional
Fragment
Entpersönlichung des Blicks
Scherben, modulare Darstellung
Crowdworking, Menschenmenge
Änderung Identität
Widerwärtigkeit
absurd, Revolte, Mess
die Schönheit von elena
Grenze, Trennung
ad infinitum
Chor-Autismus
Massen Behinderung
Wartung der Einsamkeit
Kümmern Atemzüge , Atemzüge psychische
Abreaktion
Terror, Wahnsinn, Vielfalt, Mangel an Kommunikation, Mitgefühl
nichts ist einfach fertig
Sirenen sollte
Erfahrung, absolute Größe
luciopicca







de fausses informations
distraitement
surprises pas douces
Il sourit en larmes
grelottant chante
grands mots simples
venir avec moi
doute, le découragement
approbation d'acculturation
constellation de fragments
la fragmentation émotionnelle
fragment
dépersonnalisation du regard
tessons, représentation modulaire
Crowdworking, foule
changer d'identité
vilenie
absurde, la révolte, la mesure
la beauté de elena
limite, la séparation
ad infinitum
chorale autisme
handicap de masse
l'entretien de la solitude
Remarquez respirations, respirations mentale
abréaction
la terreur, la folie, la diversité, le manque de communication, de la compassion
rien, est tout simplement fini
sirènes devraient
l'expérience, la taille absolue
luciopicca





información falsa
distraídamente
sin sorpresas dulces
Él sonríe entre lágrimas
escalofríos canta
grandes palabras sencillas
ven conmigo
duda, el desaliento
aprobación aculturación
constelación de fragmentos
la fragmentación emocional
fragmento
despersonalización de la mirada
fragmentos, representación modular
Crowdworking, multitud
cambio de identidad
vileza
absurdo, revuelta, de medición
la belleza de Elena
límite, la separación
indefinidamente
autismo coral
incapacidad de masas
el mantenimiento de la soledad
Mente respiraciones, respiraciones mentales
catarsis
el terror, la locura, la diversidad, la incomunicación, la compasión
nada, simplemente está terminado
sirenas debe
experiencia, tamaño absoluto
luciopicca




Sofronia


SOFRONIA

La città di Sofronia si compone di due mezze città. In una c'è il grande ottovolante dalle ripide gobbe, la giostra con raggiera di catene, la ruota delle gabbie girevoli, il pozzo della morte coi motociclisti a testa in giù, la cupola del circo col grappolo dei trapezi che pende in mezzo. L'altra mezza città è di pietra e marmo e cemento, con la banca, gli opifici, i palazzi, il mattatoio, la scuola e tutto il resto. Una delle mezze città è fissa, l'altra è provvisoria e quando il tempo della sua sosta è finito la schiodano e la portano via, per trapiantarla nei terreni vaghi d'un'altra mezza città.

Così ogni anno arriva il giorno in cui i manovali staccano i frontoni di marmo, calano i muri di pietra, i piloni di cemento, smontano il ministero, il monumento, i docks, la raffineria di petrolio, l'ospedale, li caricano sui rimorchi, per seguire di piazza in piazza l'itinerario d'ogni anno. Qui resta la mezza Sofronia dei tirassegni e delle giostre, con il grido sospeso dalla navicella dell'ottovolante a capofitto, e comincia a contare quanti mesi, quanti giorni dovrà aspettare prima che ritorni la carovana e la vita intera ricominci.

Italo Calvino, Le città invisibili

012 nonsense


de te fabula narratur, the only possible action is not one that acts in power, but one that suspends the waiver to act once discovered their impotence
consumers need to be flexible and always available to collect whatever may come, and that should come, not to be missed
luciopicca

de te fabula narratur, la única acción posible, no es uno que actúa en el poder, pero que suspende la renuncia a actuar una vez descubierto su impotencia
los consumidores tienen que ser flexibles y siempre disponible para recoger lo que pueda venir, y que deben venir, no se puede perder
luciopicca

de te fabula narratur, la seule action possible est pas celui qui agit au pouvoir, mais qui suspend la renonciation à agir une fois découvert leur impuissance
les consommateurs ont besoin d'être flexible et toujours disponible pour recueillir tout ce qui peut venir, et qui doit venir, à ne pas manquer
luciopicca

de te fabula narratur, die einzig mögliche Aktion ist nicht eine, die an der Macht wirkt, sondern eine, die der Verzicht einmal entdeckt zu handeln setzt ihre Ohnmacht
Verbraucher müssen flexibel und jederzeit zur Verfügung zu sammeln, um sein, was auch immer kommen mag, und das sollte kommen, nicht entgehen lassen
luciopicca

venerdì 27 gennaio 2017

memoria

Roberto Landoni






...ed è pieno di imperfezioni


...ed è pieno di imperfezioni

Intervista. Se nasci in un piccolo paese sei fregato
Manlio Cancogni intervista Pier Paolo Pasolini, 1967
Pier Paolo Pasolini

Sono trascorsi quarant’anni dalla notte tra il 1° e il 2 di novembre in cui Pier Paolo Pasolini è stato assassinato a Ostia, un tempo lungo e insieme breve. La sua figura di scrittore, regista, poeta e intellettuale è rimasta nella memoria degli italiani; anzi, è andata crescendo e continua a essere oggetto di interesse, non solo di critici e studiosi, ma anche di gente comune. Pasolini è uno degli autori italiani più noti nel mondo. In occasione delle celebrazioni promosse dal Comune di Bologna, dalla Fondazione Cineteca di Bologna, e all’interno del progetto speciale per il quarantennale della morte, che si articola in un vasto e ricco programma d’iniziative nella città dove Pasolini è nato e ha studiato, doppiozero, media partner, ha scelto di realizzare uno specifico contributo. Si articola in tre parti. Proseguiamo oggi con la prima: la pubblicazione d’interviste disperse, o poco note, di Pasolini con giornalisti, critici, saggisti italiani e stranieri.

Se è possibile scrivere un capolavoro?
È sciocco chiederselo. Il problema non esiste. E comunque, chi potrebbe saperlo?

È una domanda pretesto. Considerala come un punto di partenza. D’altra parte è pur vero che si scrivono molti libri tutti abbastanza modesti. Come mai?
Un piccolo Paese non può dare un grande scrittore. Lo ha detto Goldmann.

Tu sottoscrivi?
Sì. Ogni libro è in rapporto al suo background culturale. Se questo è mediocre anche il libro lo sarà. Possono esserci delle eccezioni, è vero, ma allora si tratta di persone culturalmente apolidi, che vivono in Italia e scrivono in italiano per combinazione. Scrittori che hanno un taglio europeo, cresciuti in un circuito culturale più vasto. L’Italia è una piccola nazione, meschina. Lo ripeto: non può dare un grande libro.

Ma chi ti obbliga a vivere nella meschineria del tuo Paese?
Puoi benissimo restare in Italia in ‘terra di pipe’, come si dice, e infischiartene della sua cultura, del suo ambiente, dei suoi problemi, e della sua società letteraria. Certo che se invece di osservare la realtà e la vita, vivi in mezzo alle chiacchiere dei letterati, sei per forza condizionato dalla cultura, chiamiamola così, del tuo Paese.
Certo, ci si può estraniare. Ma in Italia questo è stato possibile solo dopo la Resistenza. Prima si viveva in un mondo chiuso, provinciale, fortemente condizionato da un regime poliziesco, da un costume piccolo borghese; non ci si poteva muovere: oggi puoi stare con un piede a Parigi e con un altro a New York, respirare un’aria più vasta… Prima uno scrittore italiano, era necessariamente italiano, e quindi condannato alla mediocrità…
Non nego che sia molto meglio vivere a Parigi o a New York, piuttosto che a Roma. Oggi si viaggia molto più facilmente di prima. Ma non è certo che prima della guerra si vivesse all’oscuro di quello che accadeva fuori. Si era abbastanza informati. Tutti i miei amici a vent’anni avevano già letto Joyce, Lawrence, Proust, Kafka, Freud, Eliot, Eluard, Rilke, Trakl, Heidegger, Jaspers, ecc. Tale e quale come ora. Forse con maggiore serietà. C’era allora chi credeva che la ‘Ronda’ fosse stata una gran cosa. C’è chi è indipendente e chi è legato al gruppo. E se uno è gregario, o ha i paraocchi, lo resta anche se passa sei mesi all’anno a New York. Fra il Babuino e il Village non farei poi tanta differenza…

Ma voglio farti una domanda. Dal momento che si dice che culturalmente si va in un’epoca di confusione, di crisi, o addirittura di sfacelo, non ritieni che sia un vantaggio viverne il più estraneamente possibile, standosene alla periferia, e che da questo punto di vista stare in Italia sia un privilegio?
Non penso affatto che il nostro sia un secolo culturalmente infelice. Al contrario, da Rimbaud a Pound, mi pare che sia un grandissimo secolo. Non ce n’è altri, che mi piacciano altrettanto, che abbiano prodotto opere così attraenti. Mai la letteratura ha circolato tanto, è stata così viva, come dalla seconda meta dell’Ottocento a oggi.
Ma si dice comunemente che si tratta di una produzione incoerente, priva di un denominatore comune come è stato per altre culture, quella romantica, o illuministica tanto per dare un esempio.
Anche il nostro secolo può essere culturalmente ben definito. Te ne posso riassumere con una parabola la storia. C’era nel mondo una società molto potente, decisa a conservare il potere con tutti i mezzi. Ma che cosa c’è di più colpevole che detenere il potere? È naturale perciò che la borghesia, è di lei che si parla, si sentisse in colpa. E quando uno si sente in colpa che cosa desidera? Desidera punirsi. La borghesia oppressa dal senso di colpa, voleva suicidarsi. E l’ha fatto. Ma indirettamente, colpendosi nella cultura, cioè nella ragione. La cultura borghese infatti era all’insegna della ragione; la ragione era era il grande mito della borghesia ottocentesca. Attraverso l’uccisione della ragione, la borghesia si è suicidata espiando la sua colpa, la colpa di detenere il potere.
Non ho mai pensato che chi comanda si senta in colpa. Al contrario, ho sempre avuto la sensazione che ne goda; il potere va alla testa di chi comanda, lo fa sentire importante, vivo.
E in questo suicidio la borghesia ha trovato anche il suo carnefice: Hitler. Hitler è stato il Dio dell’irrazionalismo. Tutta la poesia europea da Rimbaud a oggi è irrazionale.
In questo modo si mettono sullo stesso piano Rimbaud e Hitler, il simbolismo e il nazismo… Le idee mi si confondono.
La ragione, il culto della ragione è borghese.

Ma anche la civiltà greca è nazionalista, vuoi dire che era anch’essa borghese?
Allora bisogna dire che tu intendi per borghesia la classe al potere. Se è così tutta la storia del mondo è borghese, da Atene alla Cina di Mao.
Le civiltà del passato erano religiose, non razionaliste.

Tu contrapponi religione e ragione. Ma allora dove lo metti il cattolicesimo?
Il cattolicesimo, nell’epoca della sua pienezza, quando si può parlare di una civiltà improntata da esso, il Medioevo, è una delle più grandi costruzioni razionaliste (basta pensare a san Tommaso) di tutta la filosofia occidentale.

Questo vuol dire che l’essenza religiosa del cristianesimo è stata razionalizzata dalla classe al potere. Così tu pensi che la forza vitale della storia sia di natura religiosa e che la ragione sia lo strumento col quale le classi al potere piegano e utilizzano queste forze. Per un marxista è un’affermazione direi un po’ eterodossa. E la scienza?
Anche la scienza appartiene, nella sua essenza, più al mondo religioso che a quello della razionalità. Guarda lo scienziato. È un uomo religioso, non ha senso pratico, è disinteressato; è a suo modo un mistico, che supera, con l’intuito, con la fantasia, con la totalità del suo potere conoscitivo, la semplice ragione. L’errore della borghesia è di identificare l’intelligenza con la ragione, mentre essa è qualcosa di più.

Ebbene, noi viviamo in un’epoca scientifica; è la scienza oggi che domina nella cultura; si dovrebbe concluderne che viviamo in un’epoca religiosa…
No, perché oggi trionfa l’applicazione della scienza, cioè la tecnica, non la scienza. Il razionalismo borghese, che vede solo l’utilizzazione pratica delle cose, non ha nulla a che vedere con il vero spirito scientifico.

Ho capito. Per te ragione è l’utilizzazione pratica delle scoperte fatte dall’intelligenza, sia religiosa, sia scientifica.
Sì, l’intelligenza come poesia, saggezza, fantasia, intuito, è la capacità di capire. La ragione la limita, perché esclude tutto ciò che non si può capire rigettandolo nell’inconoscibile. Esclude per esempio l’inconscio. Nell’inconscio non vale il principio di non contraddizione che è il pilastro di ogni logica razionalistica, e quindi la ragione borghese rifiuta l’inconscio.

Veramente l’inconscio è proprio una scoperta della nostra civiltà che tu chiami borghese…
Appunto.  Appartiene a quella cultura irrazionalista che caratterizza il nostro tempo e che, come ti dicevo all’inizio, rappresenta il simbolico suicidio della borghesia…

Ogni classe al potere, tu dici, è necessariamente razionalista perché deve mettere ordine nel mondo dei fenomeni, e quindi fa violenza alle migliori capacità conoscitive dell’uomo. Io non mi illuderei molto su queste capacità, che fra l’altro avrebbero, dove esistono, mille possibilità di esprimersi. D’altra parte tu riesci a immaginare una società senza potere, e quindi senza razionalità?
Sì. Sono marxista proprio perché Marx diceva che la rivoluzione avrebbe portato al deperimento e alla scomparsa del potere così come viene concepito dalla società borghese. Il potere, insisto su questo punto, è orrendo: sia quando lo si detiene, sia quando lo si vuole conquistare. È sempre corruttore.


È una vecchia storia, credo ormai relegata dagli stessi marxisti nell’arsenale dei robivecchi. In Russia lo Stato non risulta che sia molto deperito. E in Cina… Chi ne sa nulla di come viene effettivamente esercitato il potere? Conosci comunque un esempio nella storia che si avvicini maggiormente a questo ideale di società che si autogoverna?
La polis greca.
La ‘polis’ era uno Stato. Piccolo ma sempre Stato; a volte tirannico, non sempre democratico.
Comunque permetteva che Socrate svolgesse il suo insegnamento. Comunque siamo andati fuori strada. Il punto fermo è quello che ho detto, quando mi chiedevi se fosse possibile definire la cultura del nostro tempo. È possibile: è l’irrazionalismo, che da un lato è contestazione, scandalo, violenza contro l’ordine, i codici, la società, la morale corrente, da Rimbaud a Ginsberg, tanto per intenderci; e dall’altro è autopunizione, vedi Hitler.
Bene ma con questa esplosione della cultura non vedo come vada a finire il background culturale di cui parli e che faceva dell’Italia una provincia. Per una tradizione borghese ottocentesca, eravamo periferia; ma per una cultura irrazionale non vedo più un centro e una periferia, e infatti letteratura e arte fioriscono un po’ dappertutto, ribollono in un unico calderone.
Già, ma è differente se un poeta o artista partecipa di questo irrazionalismo, di questa rivolta, se ti opponi a una grande società, o a una piccola. Nel primo caso potrai fare delle cose grandi, nel secondo delle cose piccole. Ginsberg si oppone a Johnson che è un gigante (perché rappresenta l’imperialismo americano) e quindi anche lui lo è.

Da noi a che cosa serve polemizzare con la polizia locale?
Infatti, me lo sono sempre chiesto.
Prendi il caso della nuova sinistra americana, che io considero uno dei fenomeni culturali più importanti del nostro tempo. È un fenomeno interamente nuovo perché affronta una realtà nuova che lo obbliga a inventarsi un linguaggio rivoluzionario, fuori dalle formule. Ginsberg quando attacca l’America  come un poeta, un creatore, che esplora un mondo nuovo. Noi invece in Italia, e in Europa, abbiamo tutto già fatto. Dobbiamo ripeterci. C’è già pronto il linguaggio liberale-radical-marxista, da cui non si scappa. Si diventa per forza conformisti.

Ti contraddici. Prima parlavi di background culturale che fa grandi quelli che hanno la fortuna di possederlo. Ora vieni a dire che il background rivoluzionario in possesso della cultura europea ci indebolisce. Negli Stati Uniti sarebbero più liberi e più efficaci perché non hanno alle spalle lo storicismo sia liberale che marxista. Io sono d’accordo. Ma pensavo che tu partissi da una posizione opposta.
Voglio dire che quando un treno va a cento all’ora, tutti quelli che ci sono sopra vanno alla stessa velocità, anche se sono degli zoppi; se il treno come in Italia va a trenta, i passeggeri, per quanto facciano, non possono correre di più. Ma stiamo di nuovo allontanandoci dall’argomento. Hai cominciato col chiedermi che cosa è un capolavoro. Ebbene la mia risposta è questa: è un’opera piena di imperfezioni. Più grandi sono le imperfezioni e più grandi sono le cose perfette. Ecco il motivo per cui è così difficile riconoscerlo. Davanti a un capolavoro si è fuorviati dalle imperfezioni. Il lettore va dietro all’opera perfetta, si lascia affascinare dalla sua compiutezza. Ma le opere perfette, in questo senso, sono sempre minori. Aggiungi che i capolavori sono sempre ideologici e politici, e che devono pagare lo scotto all’ideologia con grigiori, sciatterie, banalità.

Dacci un esempio.
Per l’Ottocento è semplice. Dostoevskij. L’imperfezione in opere come Demoni o i Karamazov mi pare evidente.

D’accordo. Ma Tolstoi?
Anche lui. Il suo stile è sciatto, non poetico. Intendo dire rispetto ai canoni tradizionali della perfezione. Ma forse è meglio prendere un esempio dalla letteratura italiana. I Promessi sposi. È sicuramente un capolavoro, ed è pieno di imperfezioni. Ce n’è rispetto al codice narrativo come ad esempio l’episodio della monaca di Monza. Per un lettore superficiale, narrativamente, è un errore, perché costituisce un racconto nel racconto. Piglia poi il cardinale e l’Innominato. Sono figure orribili, degne di un technicolor americano. Il loro abbraccio, con le lacrime dell’Innominato che cadono sulla porpora del cardinale, è comico. Ma vicino a quell’abbraccio c’è l’episodio di don Abbondio che va su per il monte a cavalcioni del mulo, che è stupendo. Lucia è una figura sciocca…

Meno di quello che sembra, forse.
Ma Renzo è splendido. La sua fuga da Milano è indimenticabile.

Qui sono d’accordo. Ma nel suo insieme cosa sono I Promessi sposi?
Un grande romanzo ideologico, non c’è dubbio.  

Un grande romanzo ideologico del cattolicesimo?
No, questo non si può proprio dire. È un grande pasticcio ideologico, col cattolicesimo che si impasta col giansenismo. Parlo dell’ideologia dell’autore; la forza del libro è nella natura ideologica del Manzoni.

C’è una grande forza ideologica nel Manzoni?
Sì.

Ma un’ideologia contraddittoria come la sua non è di per se stessa debole?
No. L’ideologia di uno scrittore ammette le contraddizioni.

Chiamiamola allora visione personale del mondo, che ha uno scrittore.
D’accordo. I capolavori nascono sempre da una grande visione del mondo, una visione che vuole persuadere, cambiare le cose.

E qual è l’ultimo scrittore ideologico in Italia?
Montale, Gadda e la Morante.

E D’Annunzio?
No.

Eppure c’è un’ideologia, l’estetismo.
È un’ideologia mediocre.

Allora non conta la forza ideologica, ma la qualità dell’ideologia.
Sì, perché dentro deve esserci una forza morale, creduta fino in fondo; una coerenza al sistema dei valori insito nell’ideologia stessa.

Ma perché uno non potrebbe essere morale restando fedele fino infondo all’estetismo?
Sì, ma allora dovrebbe avere alle spalle una grande società.

Perciò Wilde sì, D’Annunzio no.
Esatto. In D’Annunzio poi non mi piace la sua mancanza di abilità. Sembra un paradosso ma è così. D’Annunzio scrive come va va. A parte qualche poesia, come La pioggia nel pineto, c’è poca abilità. Una volta trovata la chiave, apriva tutte le porte. Scriveva come mangiar bruscolini. Non c’è mai resistenza della pagina. Nella sua apparente mancanza di sciattezza è sciatto.

D’accordo per Montale. Ma ora vorrei che tu mi parlassi dell’ideologia della Morante.
È tutta ideologia. Dentro ci sono Freud, Jung. Come schema i suoi personaggi somigliano ai santi nelle vite dei santi scritte da un prete. Ma dentro sono pieni di vita, di irruenza. Anche Moravia è tra i pochi scrittori ideologici che ci sono in Italia, Sono, tutti quelli che ho nominato, persone che non si riconoscono come italiani. Il loro tipo di cultura si è formato altrove, in un terreno franco, europeo.
Dietro a nessuno di loro c’è una formazione tipica italiana.

Torno a dire che allora è l’ideale per uno scrittore nascere in Italia, perché può scegliersi, come uno del Senegal, la cultura che preferisce, dimenticandosi di quella del suo paese.
No, no, no: se nasci in un piccolo paese sei fregato. Conti solo se appartiene a una cultura egemone.

E la Russia dell’Ottocento? Non era un Paese egemone e viveva di cultura importata. Eppure…
In Russia la cultura importata dalla Francia ebbe una grande risonanza per la grandezza del Paese, mentre in Italia…

La Russia, dici, era un gran Paese; sì, come territorio.
Eh no. Si stava affacciando alla ribalta della storia. Era un Paese con un destino; vergine ma forte. Fra la Russia e l’Italia dell’Ottocento c’è la stessa differenza che esiste tra la campagna e una cittadina di provincia. La campagna è un terreno fertile, dove il seme germoglia; nelle viuzze ammuffite di una cittadina, tutto intristisce e si perde.

Ma noi ci stiamo dimenticando dell’argomento principale. Tu non scrivi più romanzi o racconti, perché?
Ho perso fiducia nel genere. Non ne sono più attratto. Io penso che uno scrittore debba essere sempre realistico, unito cioè alla realtà. Ebbene la realtà che prima m’interessava, intendo dire il sottoproletariato romano delle borgate, sta cambiano rapidamente, non lo riconosco più. II sottoproletariato romano che prima era solo esistenzialmente reale, ma non aveva realtà storica, oggi sta diventando una finzione del Terzo mondo.

Bene. È molto più importante dunque, più reale, nel senso che ora vi riconosci una dimensione ideologica. E dunque?
Sì, ma me ne rendo conto solo come cittadino, non come scrittore.

Saresti nella condizione ideale per scrivere un capolavoro.
Teoricamente sì. Solo che nel frattempo sono diventato più saggio.

E credi che questo sia una limitazione?
Non bisogna essere saggi per scrivere dei capolavori.

Ti sei ‘imborghesito’?
Forse sì. Mi si è sviluppato un senso umoristico che prima non avevo e che è un tipico carattere della borghesia.

Perché poi solo della borghesia? E nell’antichità?
Parlo dell’epoca moderna, dall’Ariosto in poi. L’umorismo è un atteggiamento della classe al potere. Seguirmi: quali sono i caratteri dell’umorismo? Il senso di colpa e la riduttività. Ora il borghese si sente in colpa (perché detiene il potere) e tende a stare in ciabatte. È un uomo pratico. L’umorismo è un atteggiamento di difesa di chi ha una visione rimpicciolita, quotidiana, della vita.

Potrebbe essere, per te, un elemento nuovo. Una chance di più per scrivere un capolavoro, dato che come mi dici, esso non può essere che un’opera composta, contraddittoria.
Infatti. Solo che non riesco a immaginarlo nella direzione del romanzo.

E su quale strada allora?
In questo momento direi: quella del teatro. Ma nota bene: si tratta di una considerazione personale. Teoricamente il capolavoro può nascere dappertutto. Ma oggi io non mi sento né di scrivere romanzi né di scrivere poesie. Non scrivo poesie perché non ha ho destinatario. Non so più a chi mi rivolgermi. So che ci sono in Italia un diecimila persone che amano la poesia. Ma a loro mi rivolgo lo stesso, anche senza scrivere.

E chi è il naturale destinatario di un poeta?
Chi il poeta crede idealistico, donchisciottesco, quanto lui. Quando l’idealismo del poeta comincia a incrinarsi e così anche la fede nell’idealismo altrui, allora sente che non c’è più destinatario alla sua poesia.

E perché non il romanzo?
Per le ragioni che ti ho già dette, e poi perché la realtà italiana è in assestamento mentre il romanzo ha bisogno di stabilità. Altrimenti il raccontare diventa un arrancare faticoso dietro alle cose. Il teatro invece mi consente di fare nello stesso tempo poesia e romanzo. Poesia perché come sai scrivo le mie tragedie in versi, romanzo perché racconto una storia.

E il destinatario? Per le tragedie c’è?
Il destinatario è uno contro cui polemizzo, contro cui lotto. Il destinatario è il mio nemico, è la borghesia che va a teatro. È con questo spirito che ho scritto i miei quattro drammi: Monumento, che ha come personaggi principali Oreste e Pilade, simboli delle due rivoluzioni del nostro tempo (se vuoi la rivoluzione russa, che si assesta in un ordine borghese, e quella culturale in Cina); Bestia da stile, che ho scritto per lo Stabile di Torino e due altre cose che non hanno ancora titolo.

Teatro come un comizio, dunque?
Come vuoi. Chiamalo pure Comizio.

La Fiera letteraria, a. XLII, n. 50, 14 dicembre 1967.



Individuo


Individuo

 

Concetto di individuo 

 

Si tratta di un termine fondamentale della cultura occidentale, che si rappresenta appunto come civiltà che riconosce il sacro valore dell'individuo-persona. Ciò la contraddistingue dalle società orientali, più marcatamente comunitariste.

 

Il concetto di "soggetto" e di relazione "soggetto-oggetto" costituisce un tema-chiave della cultura, della filosofia e della teologia occidentali. Il soggetto si configura progressivamente, nel corso della storia, come individuo autonomo, fulcro del sistema socio-culturale.

 

Si aggancia un’altra problematica, quella della persona:

 

Persona deriva dal greco πρόσωπον, prósōpon cioè maschera dell'attore, termine entrato in Italia tramite l'etrusco phersu.

 

Un'altra etimologia è da ricercare nel termine latino personare, (per-sonare: parlare attraverso). Ciò spiegherebbe perché il termine persona indicasse in origine la maschera utilizzata dagli attori teatrali, che serviva a dare all'attore le sembianze del personaggio che interpretava, ma anche a permettere alla sua voce di andare sufficientemente lontano per essere udita dagli spettatori.

 

Si parte dall’individuo, ciò che sono e non conosco, in relazione con la persona, la rappresentazione del mio Essere. Indosso una maschera che permette la rappresentazione e l’interazione con l’altro, con gli altri individui.

Non conosco. La mia individualità è per me inconoscibile. Adottando la maschera della persona mi permetto di sperimentare la mia individualità. Inizio il mio percorso di conoscenza di me stesso, attraverso l’esperienza, le esperienze.

 

Io, individuo mi manifesto all’altro tramite la mia persona.

 

Subentra la problematica della coerenza.

A cosa devo essere coerente?

A me individuo o a me persona?

Nasce il dramma, il travaglio incommensurabile.

 

Leggevo di Elisa Davoglio – poetessa e scrittrice.

Nel suo ultimo romanzo - Onore ai diffidati – descrive un amore tra una ballerina ed un ultrà del Milan. Sottolinea: voglia di successo, apparire, idea vincente, rappresentazione, incomunicabilità, anoressia, violenza, solitudine.

 

Non lo compro, non m’ispira. I punti toccati stuzzicano, invece, la mia curiosità. La continua dissociazione tra individuo e persona.

 

Si abbandona il procedimento dell’esperienza, si rinuncia alla conoscenza dell’individuo e si sposa, totalmente, la rappresentazione, la persona (maschera).

La persona diventa la nostra individualità. In altre parole si rinuncia a noi stessi: ci tradiamo.

 

La società moderna non fornisce strumenti per l’individuo, dona, schemi, strutture, gabbie per la rappresentazione, per la persona, per il personaggio – bisogna essere questo, oppure quello, essere professore, impiegato, dirigente, colto, ignorante, occidentale, orientale, comunitario, extracomunitario, di destra, di sinistra, del nord oppure del sud, inserito in un contesto, e ancora – mangiare la minestrina, comprarsi la casina, seguire le regoline, mettersi il maglioncino, seguire tutto un sistema già organizzato, già precotto. Un fast-system bello e pronto.

 

In questo contesto la parte più vitale dell’umanità, i giovani, dovrebbero ribellarsi, dovrebbero essere la parte emotiva delle specie Uomo. Si dovrebbero far carico di manifestare le percezioni, ancora lontane da essere consapevolezze.

 

Assistiamo, invece,  al torpore, ci addormentiamo.

Almeno cerchiamo di chiedere aiuto – buttatemi, per favore, un secchio d’acqua gelata sulla mia faccia.

Forza!


luciopicca