mercoledì 25 settembre 2024

Johnny, ...Fenoglio

 

Il partigiano Johnny 

Beppe Fenoglio

 

Appunti

 

 

Vide distintamente, a grande distanza, suo padre salire alla villetta, ancora sull’asfalto suburbano, colpì Johnny la stanchezza, la non-joy del suo cammino. Lo seguì per tutto il tratto scoperto, il cuore liquefacenteglisi per l’amore e la pietà del vecchio… «É terribile ora avere dei figli della vostra età».

Ogni suo passo parlava di angoscia e di abnegazione, ed il figlio alto e lontano sentiva che non avrebbe mai potuto ripagarlo, nemmeno in parte centesimale, nemmeno col conservarsi vivo. L’unica maniera di ripagarlo, pensava ora, sarebbe stata d’amare suo figlio come il padre aveva amato lui: a lui non ne verrà niente, ma il conto sarà pareggiato nel libro mastro della vita.

Tremava per la voglia ed il disegno di riceverlo bene, adeguatamente, ma come il padre si sottrasse alla sua vista imboccando i primi scalini della villetta, allora Johnny automaticamente, e con una grande ansia, pensò se aveva portato le sigarette.

Sì, ma una razione inferiore al consueto, e un fascio di giornali.

 

 

Johnny accese convulsamente una sigaretta e stirò un giornale. Il gioco si faceva, il fascismo si riprendeva lentamente ma sicuramente, con una organicità che non gli si sarebbe mai riconosciuta. Tutti i giornali stavano riallineandosi, spazzati via i direttori effimeri dell’interregno, che avevano scritto l’articolo di fondo sulla libertà, la salutare tragedia, il riaccostamento agli eterni, imprescindibili valori occidentali. Una foto di un riorganizzato reparto militare, uomini di Graziani, che avevano rinnegato il giuramento al re per tener fede alla foederis arca germanica: apparivano atletici, estremamente efficienti, infinitamente di più dei consimili reparti del Regio Esercito, modernissimi, germanlike, tutti con sorrisi di esplodente fiducia, con un risultato visivo verminoso, apertamente, deliberatamente fratricida.

 

Johnny promise e guardò suo padre scendere, con l’accentuazione delle sue congenite spalle curve, per il sentiero .

Per un freddo improvviso rientrò. Sentiva intorno a sé, ed in sé, una precarietà, una miseria per cui tutto lui era sottilizzato, depauperato, spaventosamente ridotto rispetto ad una normale dimensione umana. E uno stimolo sessuale, repentino e clamoroso, giunse a complicare tutto, portare tutto all’acme della crisi. Bisognava scendere in città anche per quello, a costo di trovare tedeschi e fascisti nei polverosi salottini démodés.

La cosa gli appariva lercia ma irrifiutabile, in una livida squallorosità di intervento medico. Ciò enfiò la sua miseria umana, lo fece apparire a se stesso come un ributtante otre gonfio di serioso nulla.

 

...la grafia come ceppo di salvezza.

 

Corradi: - Basterà che uno qualsiasi di questi renitenti, armato anche lui di catenaccio, o di roncola o di temperino, apposti il fascista sulla sua strada di prepotenza, e gli si cali addosso. Alle spalle, beninteso perché non si deve affrontare il fascista a viso aperto, egli non lo merita, egli deve essere attaccato con le medesime precauzioni che un uomo deve prendere con un animale. Gli si cala addosso, lo ammazza e lo trascina per i piedi in un posticino dove seppellirlo cancellarlo dalla faccia della terra. E sarebbe consigliabile portarsi dietro una scopetta con la quale cancellare per l’eternità persino l’impronta ultima dei suoi piedi sulla polvere delle nostre strade.

 

Corradi: - facciamo un esamino di tipo scolastico, se volete, sul partigiano. Possiamo accettare la definizione di Monti per cui partigiano è colui che spara con buona mira, con mira definitiva, sui fascisti? Tu, Johnny: avvisti un fascista o un tedesco e ti appresti a sparargli, sempre in onore e fulfilment della definizione. Però, si presenta un però: sparandogli ed uccidendolo, può accadere che dopo un paio d’ore irrompe nella località o nei paraggi una colonna fascista o tedesca e per rappresaglia la metta a fero e fuoco, uccidendo dieci, venti, tutti gli abitanti di essa località. A conoscenza di una simile possibilità, tu Johnny spareresti ugualmente? - No - disse Johnny d’impeto e Corradi rise dietro gli occhiali. - Continuiamo per questa strada irta ma istruttiva, converrete. Johnny, se tuo padre fosse fascista, e fascista attivo, al punto da poter compromettere la sicurezza tua e della tua formazione partigiana, tu ti senti di ucciderlo? - Johnny chinò la testa, ma un altro disse, con una certa foga stammering: - Ma professore, lei fa soltanto casi estremi. - La vita del partigiano è tutta e solo fatta di casi estremi.

 

Tutto ciò che era repentino, proditorio, esplodente con urla era fascista.

 

...nel freddo che pareva intaccare gli intonaci.

 

Alla crisi del bluff i carabinieri si arresero. I ribelli invasero il giardino, i carabinieri senz’armi visibili indosso si disposero con un’affettata indolenza contro il muro della caserma, accendendosi sigarette con mano irosa e malferma. In un minuto, a quei chiarori di sigaretta, s’avvidero che non si trattava di partigiani veri, dalla montagna, ma di ragazzini, per lo più, ragazzini contravvenzionali, da sgomentarsi e scompisciarsi con la faccia feroce e la voce grossa, armati di ridicoli cimeli di famiglia… Allora abbassarono e tennero la faccia sul petto, ma non bastava a mascherare la vergogna ed livore, il cociore del bluff.

 

Tutti i liberati badavano a dir forte che i secondini erano stati buoni e gentili, comprensivi ed umanissimi

 

A casa bevve d’un fiato un bicchier ‘acqua, la sua gelidità lo riscosse completamente, come da un sogno agitato. Nel corridoio gli venne incontro il respiro dei suoi genitori, alterno, filato. S’arrestò e sostò a lungo sotto il sortilegio di quel loro notturno alitare. «Non ho mai badato al loro respiro, questo respiro che un giorno si spegnerà…»

 

Fate il piccolo sacrificio che vi consiglio. Andate tutti e tre in collina, nella villa dove è riparato vostro figlio dopo l’8 settembre -.

Essi tre sollevarono la testa, insieme, per quella sua nozione, si spiegava col suo essere l’uomo della curia. Può darsi benissimo che dobbiate restarvici non più d’una settimana. Chiudete bene la casa, ed io prometto di passarci una volta al giorno, a vedere che non sia successo niente. M’impegno. Fu deciso sul posto, decise sua madre con la sua totalitaria fiducia negli uomini paraecclesiastici, per essa i non tradibili maestri di saggezza mondana. - Lo sapremo soltanto io ed il signor vicario, - disse l’usciere. - É mio desiderio che lo sappia anche il Signor vicario generale, - disse sua madre, col suo inconsapevole genio del protocollo. - Spero non dobbiate fermarvici più d’una settimana, ma non muovetevi senza mio avviso, aspettate un mio avviso - ed eluse i ringraziamenti, recessionalmente.

 

All’una pomeridiana erano già in collina, dopo un viaggio quieto e faticoso, punteggiato soltanto dalle preoccupazioni finanziarie di sua madre. - I nostri soldi se ne vanno più in fretta del previsto -. Disse suo padre: - I soldi si rifanno, la pelle a nessuno è successo di rifarla -.

Disse Johnny: - Non datevi pensiero dei soldi. A cose finite, io lavorerò. E per l’estate dovrebbe esser tutto finito.

 

When yellow leaves, or none or few, do hang.

Upon those boughs, which shake against the cold, Bare ruin’d choirs, when late the sweet birds sang…

Quando foglie gialle, o nessuna o poche, pendono

da quei rami, che tremano contro il freddo, rivelano cori in rovina, quando di recente cantavano i dolci uccelli…

 

Partì verso le somme colline, la terra ancestrale che l’avrebbe aiutato nel suo immoto possibile, nel vortice del vento nero, sentendo com’è grande un uomo quando è nella sua normale dimensione umana.

 

E nel momento in cui partì, si sentì investito - itself would have been divestitur - in nome dell’autentico popolo d’Italia, ad opporsi in ogni modo al fascismo, a giudicare, a decidere militarmente e civilmente. Era inebriante tanta somma di potere, ma infinitamente più inebriante la coscienza dell’uso legittimo che ne avrebbe fatto.

 

Questi erano partigiani! Non lo trasse in inganno il prevalere del grigioverde nelle loro rimediate e composite divise, anzi qualcuno di essi vestiva in completo grigioverde, ma non era il grigioverde fascista. Il grigioverde fascista, perché fascista, aveva assunto automaticamente una diversa sfumatura (shade), come se il portante fascista gli avesse fatto smarrire e la natura e la saturazione e la brillantezza.

 

…and sunshine reshone over all the dusk-domed world.

…e il sole risplendette su tutto il mondo avvolto nella cupola del crepuscolo.

 

Voglio entrare nei partigiani, con voi -. Gli uomini s’erano rivoltati al carico: gli uomini del nord avevano tutti un aspetto operaio o contadino, quanto ne traspariva dal loro intabarramento, tra rurale e sciatorio, e tutti armati ma miserevolmente.

 

Gli uomini caricavano sacchi di grano e vaste, luride trance di lardo. Sulla porta della depredazione e del magazzino, stava un tipo, scarmigliato dal vento e dall’angoscia, evidentemente il custode e responsabile del deposito. Diceva: - Non prelevate tutto, lasciatemi una parte di roba con cui possa tener buoni i fascisti quando verranno a controllarmi. Così mi rovinate, così appaio che non vi ho fatto la minima resistenza e pertanto sono dalla vostra…

 

La strada mordeva, essa stessa esausta e mordace l’altissima costa, striata di nerissima tenebra su uno spettrale bianco neve: il buio saliva ai sommi greppi come a uno inscampabile agguato, ad ogni tornante spariva e riappariva il paese della base, orribilmente fantomatizzantesi nella notte precipite.

 

Johnny si diceva che aveva imparato che nei partigiani non si moriva soltanto per i fascisti, e la cosa lo congelò più che il vento vilissimo e già pieno notturno.

 

Entrò coi compagni di viaggio, e vi cenò a pane e carne, in uno spoglio stanzone, alla luce bianchissima, candente e oscillante di acetilene. E mangiando osservò gli altri, per trovarsi confermato e peggiorato in quella scoperta che nessuno era lontanamente della sua classe, fisica e non, a meno che un giorno o poco più di quella disperata vita animale-giunglare non imprimesse su tutti, anche su un genio d’imminente sbocciatura, quel marchio bestiale. Gli altri non gli badavano più, dopo che si furono voltati a esaminare l’indifferentemente annunciato nuovo, con un bovino giro della testa e un lento lampo negli occhi.

 

Aveva un naso esageratamente minuscolo, ma malignamente piantato nella esagerata infossatura delle occhiaie, la fronte irregolare e bozzosa e come divorata dalla piantatura fitta e volgare dei capelli neri e senza lustro, con qualche striscia già innaturalmente bianca, repellente come bisce morte dissanguate e imprigionate nel catrame.

La bocca era torta e il mento sfuggente. Tutto il corpo era di una nevrotica picciolità, e doveva essere anormalmente villoso. Eppure da lui fluiva una direttezza, una dryness e cordialità paradossali, da stropicciarsene gli occhi. Ed aveva, per sua medesima ammissione, diciannove anni appena compiuti; e la scoperta si normalizzò per Johnny, e per la prima volta gli fece dubitare dei ventidue anni. Non poteva sentirsi maggiore di Tito, anzi doveva apparirsi un ragazzetto al confronto.

 

Dormivano in un grezzo grosso fabbricato fuori paese, una nera nave ormeggiata sulla nera cresta del nulla.

 

... Johnny si sentì incoraggiato a fargli la domanda più intima. - Tu sei comunista, Tito? - Io no, - sbottò lui. -Io sono niente e sono tutto. Io sono soltanto contro i fascisti. Sono nella Stella Rossa perché la formazione che ho incocciata era rossa, il merito è loro d’averla organizzata e d’avermela presentata a me che tanto la cercavo, come finora non ho cercato niente altrettanto intensamente. Ma a cose finite, se sarò vivo, vengano a dirmi che sono comunista!

Era così, si disse Johnny, sentendo perder edge in lui la constatazione che in lui era così amara e principale ora e che in lui si era espressa in inglese: «I’m in the wrong sector of the right side».

Sono nel settore sbagliato della parte giusta.

Tito subito dopo gli augurò la buona notte, e l’augurio corretto gli suonò appallingly anomalo nell’ambiente.

 

Avvertì un’immediata sensazione di pericolo. Fino a stamane, o meglio a ieri, si trovava in una posizione fluida, rimediabile da ogni mortale impatto mediante finzioni o sotterfugi o astuzie, con un ragionevole margine di probabilità di scampo, ma ora era patentato e bollato, se catturato non avrebbe più avuto la minima chance ed il minimo diritto alla discussione, era schierato nel grande dualismo a prezzo dell’immediata, indisquisibile esecuzione.

La tenebra era sinistra, la romba del vento sinistra, come scoperchiante il buio rifugio ad una lampeggiante irruzione di vista illuminata sentenza e di facilitata strage per giustizia, la tenebra il vento contenevano e convogliavano un egual carico di agguato di rischio attimically prior to just seen death. apparentemente prima di aver appena visto la morte L’abbandonato sonno degli altri non lo rassicurava anzi era come il collasso davanti all’insostenibile show del pericolo, erano altrettanti cadaveri in attesa del protocollare colpo di grazia. Sperò che la spossatezza, quanto legittima e neghittosa, una tale spossatezza da annientarlo negli arti e nel cervello, l’avesse vinta, vinta fino all’alto mattino. Ma la spossatezza, annunciata da tanti araldi, non scese schierata in campo, e Johnny si alzò, incespicando orribilmente, avanzò all’ombra della porta, rough and tenacious in denegating egression. rude e tenace nel negare l'egressività.

 

Fuori, la tenebra era completa, ma quanto più rassicurante della sorella interna. Johnny paced some paces in the concrete void, ed era rassicurante, incoraggiante, euforico, sentire che nella tenebra si era come sul ciglione dell’abisso del nulla, da guadagnar d’un solo passo contro l’avventante pericolo e morte…

 

Ci son troppi marmocchi nei partigiani troppo pochi soldati veri, d’esperienza militare. E ci vorrebbe invece tutta gente uscita dall’esercito.

 

Al mattino tutto fu infinitamente meno peggiore. Un sole discreto ma spazioso ripuliva la neve, quasi rinverginandola, e a tutto dava colore, brillantava addirittura le policrome divise dei partigiani. E dal paese tutto fluiva un brusio normale, letificante perché normale, finendo con suonare come festivo, data l’epoca e la situazione. Donne già circolavano, da e per il forno e la fontana, guardavano ed erano guardate dai partigiani con una cordialità sorridente, anche se il loro sorriso era un po’ costretto agli angoli della bocca dal presentimento di ciò che i partigiani potevano da un giorno all’altro costare a loro stesse, ai loro uomini ed al loro tetto.

 

Tito disse che i contadini lui non poteva sopportarli. - Nelle formazioni partigiane, preciso. Nei partigiani io non vorrei altri che studenti ed operai. Gente che lavora pulito, e con lavoro intendo dire ammazzamento, e lavora pulito perché ammazzando ha sempre la mosca sotto il naso, tu mi capisci. I contadini no: i contadini ci godono, e quindi la fanno lunga, e quindi anche confusionaria e pasticciante. Essi ammazzano urlando e smenando come con la volpe presa che faceva danno alla terra o al pollaio, capisci? E l’uomo come quella volpe deve far mille morti.

 

s’affacciò un ometto, e quanto di lui spuntava dal davanzale era perfettamente rivestito della divisa messa in moda dai fascisti. C’era da rischiare un arresto cardiaco ad alzar gli occhi a caso e veder di colpo prominere quel berretto fascista fregiato del gladio, ma il viso sotto di esso era così pulcinellescamente arrendevole e furbesco, così tremolante e nel contempo così conscio che quella stessa tremolantezza gli faceva da usbergo, che il moto d’orgasmica stupefazione spegneva, come avvenne per Johnny, in una semicomica censura personale per quell’impossibile orgasmo.

 

Come riferì Tito, si trattava del primo prigioniero fascista regolare catturato dalla brigata somewhere outside Mondovì, e la sua apparenza era così marchianamente inferiore, le circostanze della cattura sono state così vergognosamente facili, la fame così evidente ispiratrice del suo allineamento, che era parso contrario ad ogni legge virile procedere ad una esecuzione. Viveva prigioniero da tre settimane, lavando i piatti due volte al giorno, la sua fine segnata soltanto se si verificava una morte partigiana, lui in inadeguato olocausto.

 

Come commissario di guerra, io tengo un corso di marxismo. Non è esteso a tutti gli uomini della brigata, ovviamente, e neppure mi illudo sui frutti che potrò cogliere da certuni elementi ammessi, ma gradirò moltissimo la tua frequenza ed attenzione Johnny refused flatly, Johnny rifiutò categoricamente  e il no provocò un acciaioso lampo negli occhi sbiaditi del commissario. Oltre la voce ed il passo sapeva modulare anche lo sguardo. - Non sono qui per nessun corso, escluso un corso di addestramento per eventuali armi nuove, quelle che lei spera dagli inglesi. Io sono qui per i fascisti, unicamente. Tutto il resto è cosa di dopo. - Il dopo, - disse Némega, - è cosa della quale conoscerai tutto il necessario appunto seguendo il mio corso. - Non m’interessa -. Némega alettò una mano, minuta e lampantemente forceles al di là di un minute-long astious grip. He confided in future, as christians. - Comunque, con te non piglierò mai ruggine. Sei impegnativo, grazie a Dio, almeno per il livello del discorso. Da quando non dovevo più ricercar le parole…? - Really, in the wrong sector of tine right side.

 

Quella di Johnny è la storia di una formazione: prima, in città, nelle discussioni con il professor Chiodi e i suoi allievi sul senso di diventare partigiano, poi, “sul campo”, dove emerge il problema di appartenere a una collettività fatta di uomini diversi per estrazione sociale, provenienza geografica e convinzioni ideologiche.

Fin da subito, Johnny si mostra a suo agio nelle privazioni della vita partigiana e molto abile nelle azioni militari; tuttavia matura in lui una forte insofferenza verso il ricorso ingiustificato alla violenza a cui tanti compagni si abbandonano, verso la disorganizzazione dei gruppi combattenti e, soprattutto, verso i tentativi d’imporre alla lotta partigiana un connotato politico specifico. A farlo sono in particolare i comunisti del commissario Némega, tra i quali Johnny si arruola inizialmente e dai quali, per questo motivo, si allontana presto, complice anche la morte di Tito, giovane siciliano, con cui Johnny, nonostante le differenze di provenienza e cultura, aveva sentito di condividere il senso dell’azione partigiana.

Johnny passa cosi alle brigate “azzurre” dei badogliani, comandate dal partigiano Nord, che per il suo nobile portamento esercita un notevole fascino su di lui. Qui Johnny ritrova l’amico Ettore e incontra il tenente Pierre: a loro rimarrà legato fino alla fine. 

 

Johnny si accorge di non sopportare più le difficoltà e i compromessi della vita collettiva.

 

...durante il primo scontro con i nazifascisti, all’ingresso del paese di Valdivilla, Johnny avverte un’euforia per il ritorno all’azione, che si esprime in un senso di distanza rispetto ai compagni. Così, nonostante la chiamata della ritirata, Johnny prende il fucile e si lancia nella battaglia: “Due mesi dopo la guerra era finita” 3, ma della sua sorte non si sa nulla.

 

 

 

crea una lingua irregolare, in cui l’inglese interviene a esprimere la voce dell’autentica identità del personaggio. E d’altronde è in inglese una delle frasi più emblematiche del romanzo:

I’m in the wrong sector of the right side.

 

Pronunciata da Johnny al suo arrivo nella brigata comunista, questa frase vale in realtà come sua massima esistenziale, poiché egli continuerà ad avvertire questo senso di estraneità anche quando sarà tra i badogliani. Pochi sono i compagni con cui riesce a sentire una vera vicinanza (Ettore, Pierre, Tito) ; nei confronti di tutti gli altri matura un orgoglioso senso di diversità, nutrito dall’insofferenza, poiché ai suoi occhi l’impreparazione, la violenza gratuita e l’ortodossia ideologica sono tanti modi di fraintendere il vero senso della lotta partigiana.

 

Solo nella solitudine l’uomo può compiere le proprie scelte

 

...il senso di tutta quella assurda, benché necessaria violenza.

 

La scelta della lotta partigiana è per Johnny esistenziale e morale

 

Per Johnny, partecipare alla guerra partigiana è un dovere ineluttabile. Odia i suoi nemici, partecipa ai dolori degli altri, fa affidamento sulle proprie energie e fa i conti con la stanchezza. Su tutto c’è però un velo tragico: assurdo è il desiderio del protagonista di combattere, come assurdo è il rapporto che l’individuo stabilisce con il mondo. Fenoglio mostra nella sua opera l’impossibilità di attribuire un significato agli avvenimenti e sottolinea come dall’orrore non si possa ricavare un’immagine di futuro. La guerra diventa una testimonianza di come gli uomini cerchino testardamente di resistere all’assurdità di ciò che esiste.

 

Le case borghesi erano sigillate come sepolcri, l’ingresso vi era rigidamente e tacitamente precluso dal terrore medesimo degli occupanti, e Némega approvava la separatezza dei borghesi, per non indurre nei suoi uomini nostalgie, reminiscenze, comodità… E fuori, fischiava eternamente un vento nero, come originantesi dalla radice stessa del cuore folle dell’umanità.

 

Nemmeno la solitudine, sola consentita dai turni di guardia, consentiva pensieri, oh quanto disarticolati e fugaci, al di fuori e quella sovrana preoccupazione fisica. - I’m feeling so beastly, beastly! Mi sento così bestiale, bestiale!

 

- Così si lamentava, passandosi la mano libera dall’arma sulla faccia nel terrore di trovarci incorporata e non più nemmeno chirurgicamente asportabile quella patina di animalità, di sotto umanità che gli specchiava la faccia degli altri, di quelli che erano partigiani da un mese prima di lui. Forse anche tutti gli altri erano saliti con una umana, civile faccia come la sua; e quel mese di anticipo gliel’aveva camusata e disumanata a quel modo che l’aveva tanto colpito all’arrivo, che gli aveva fatto pensare ad un incuboso suo atterraggio in una frodosa forma di pezzenti e malandrini.

 

Non credere di essere il solo a sentirti sporco e malesserato.

 

... E così non sarebbe più una brigata partigiana, ma una torma di serve in commissioni… - Johnny agitò un dito alle sue spalle come se sapesse d’aver dietro schierata tutta la formazione. - Che ne dirà d’una bella scabbia collettiva? - Bene, ti dirò che è preventivata, ma preventivata nei mali minimi. Dunque volevi la licenza per acquisto di generi di conforto, diciamo così. Dimmi, Johnny: sei salito tra noi con soldi di scorta? - Naturalmente. - Questo è male, mister. Questo denota lampante incompletezza di animus partigiano, una sostanziale, inferiore concezione della vita partigiana. Equivale a portare un abito borghese nel tascapane militare, tu m’intendi. Dovevi come noi salire in collina senza un centesimo. Avresti capito tutto assai di più e fatto più interamente il tuo dovere. E quando vai per requisire non faresti lo schizzinoso e il tenero ed il superiore, come mi riferisce di te il maresciallo intendente.

 

Anche i comunisti, come i fascisti, professano il dogma del numero-potenza.

 

Quello che io sogno, quello che io avrò è una divisione di mille garibaldini. Mille. Me li vedo sfilare davanti, tutti in giacco di pelle. Tu mi domanderai dove procurarmi mille giacchi di pelle. Una parte la commissionerò, il resto dovranno procurarselo gli uomini.

Scenderanno nelle città, attaccheranno gli autisti, i tecnici, tutti coloro che professionalmente indossano giacchi di pelle. Mille uomini tutti eguali, con la divisa più moderna, più genialmente moderna che possa concepirsi. Basco d’incerato nero, giacco di pelle nera, cavallerizze di panno grigio e gambali neri.

 

I fascisti ora erano più vicini, forse occultati dalle macchie sempreverdi e dalle case, dovevano vagolare per le aie interne. Questa constatata vicinanza dava a Johnny un repellente senso d’intimità da risolversi soltanto con l’aperto fuoco.

 

Poi si riscosse: continuavano le bordate dei fascisti, ma alte ed innocue, eppure compatte, calcolate, puntuali e come meccaniche, come svincolate non da uno stuolo d’uomini, ma da un unico grosso meccanismo graduato sul tempo d’emissione.

 

Per l’umidità della terra di scontro, molti tossivano, tutti di quando in quando si schiarivano la gola, e la carrucola del pozzo cigolava. Il cuore di Johnny s’apriva e scioglieva, girò tutto apposta per farsi partecipe e sciente d’ogni uomo. Erano gli uomini che avevano combattuto con lui, che stavano dalla sua parte ché all’opposta. E lui era uno di loro, gli si era completamente liquefatto dentro il senso umiliante dello stacco di classe. è come loro, bello come loro se erano belli, brutto come loro, se brutti. Avevano combattuto con lui, erano nati e vissuti, ognuno con la sua origine, giochi, lavori, vizi, solitudine e sviamenti, per trovarsi insieme a quella battaglia.

 

Una battaglia è una cosa terribile, dopo ti fa dire, come a certe puerpere primipare: mai più, no mai più.

 

Forse era meglio morire partigiani: incredibile, si trattava di una vera e propria sistemazione borghese. Tutto questo finirà… - ed allora decise di goderne, di quel marciare, nell’aria algida, con un’arma al braccio quel sole vittorioso, verso il delizioso paese del prelievo tabacchi. E si trovò a recitare: «Sumer’s icumen…» a voce involontarmente intellegibile, sicché Tito si voltò intrigato e interessato: delizioso l’incrociarsi delle sue ciglia delinquenziali, e rivoltando avanti affondò nella neve inavvistata.

 

Tremenda era l’aperta battaglia, ma infinitamente di più l’imboscata.

 

«I’ll get out of this all. I can’t abide it. I won’t never again go through this all. I’ve had really too much of this all… «Me ne andrò da tutto questo. Non lo sopporto. Non passerò mai più attraverso tutto questo. Ne ho avuto davvero troppo di tutto questo…

 

 

(Tito) ...come fosse un greco ucciso dai persiani due millenni avanti.

 

...Johnny avrebbe voluto camminare all’infinito. (funerali di Tito)

 

Già il 9 settembre noi comunisti siamo partiti da un programma massimo ed un programma minimo. Il massimo consiste nella rivoluzione comunista come corollario e coronamento della lotta di liberazione. In difetto, ed ecco il programma minimo, parteciperemo coi mezzi convenzionali alla competizione per la maggioranza parlamentare -. Johnny disse: - Ecco, prego che siate costretti al programma minimo. Vi vorrò bene, e voi al programma minimo -.

 

«…watched the moths fluttering among the heath and hare-bells; listened to the soft wind breathing through the grass…» «…osservavo le falene svolazzare tra la brughiera e i campanellini delle lepri; ascoltavo il vento leggero che respirava tra l'erba…»

 

Anche il miglioramento della natura lo pungeva ora, gli riaccendeva le esigenze del corpo. D’inverno aveva sopportato, come in una armata quaresima, ma ora tutti gli umori gli si smuovevano dentro e, non eliminandosi nella pus-eruzione dell’azione, lo intossicavano tutto.

 

- Io non ho che una religione, - disse René: - quella di non uccidere fuori combattimento.

Il cuore mi dice che se lo facessi farei io la stessa fine.

 

Per lui sono d’accordo, purché eliminino anche i tedeschi, tutt’e quattro. Ora intanto gli porto una sigaretta, - ma non si muoveva oltre. Disse Johnny: - Portagli magari tutto un pacchetto. Ma ricordati che senza i morti, i loro ed i nostri, nulla avrebbe senso.

 

Si trascinarono verso il paese incombente. Regis piangeva liscio filato, ma la cosa non aveva per Johnny una particolare implicazione, era una cosa puramente fisiologica, così come lo spicciare del sangue dal suo braccio.

 

«I’ve stood, and fired, and killed».

«Mi sono alzato, ho sparato e ho ucciso».

 

Era terribilmente diverso da tutta la gente che batteva la grande strada di cresta: rada, sullen, aggricciata gente che batteva la collina per bisogni e passioni supremi: il démone della borsa nera, la mendicatizia ricerca di legna da ardere, o la chiamata del prete ad una estrema unzione. I più, i pigri, stavano a vista e distanza per la strada, immobili e tesi sui noti campi, così diffidenti da non abbandonarsi a rispondere a un richiamo a un fischio dalla strada.

 

I fascisti avevano catturato una ventina di partigiani: i più fucilati in serata sulla piazza d’armi di Ceva, i restanti, o perché troppo giovani od efficacemente imploranti, deportati in Germania. Ma l’episodio più impressionante per la vecchia era di quel partigiano immobilizzato da una pallottola in un ginocchio.

I suoi compagni l’avevano deposto ed occultato, a mezza costa, in una di quelle capannine mezze in muratura in cui i contadini d’autunno essiccano le castagne. Una pattuglia di tedeschi v’era arrivata, socchiusa la porta con dolcezza, visto l’uomo immobile e salutatolo. Poi richiusero ed incendiarono il tutto. - Avreste dovuto vedere il fumo, - disse la vecchia: come si dice che cambiò di colore, come di magro si fece grasso, quando avvolse, oltre che il resto, l’uomo. Ma la voce era che non fosse un italiano, ma uno slavo, e non c’era nulla di più continentalmente distante come la parola slavo pronunciata da lei. E Johnny cercò nella sua memoria quale potesse essere lo slavo della guardia del corpo del capo ad aver fatto quella fine.

Il senso dell’esilio era opprimente, soffocante, tale da farlo scattare in piedi come per sottrarsi ad un livello asfittico.

 

Egli passò via, irato e ferito: possibile che in quei mesi la sua apparenza si fosse trasformata al punto da magnetizzare di terrore una giovane donna con la sua bimba, per diurna strada, intenta al millenario lavoro d’attingere acqua? Dovrei vedermi in uno specchio, si disse, specialmente gli occhi.

 

* La Legione Autonoma Mobile Ettore Muti era un corpo militare della Repubblica Sociale Italiana con compiti di polizia politica e militare, composto principalmente da elementi del fascismo milanese, integrati da volontari della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale.

 

Loro erano i Muti. - A proposito, come sono i Muti?

- Finora non hanno fatto porcate vere e proprie, ma guai alla prima esplosione, al primo appiglio -. L’industriale poteva predirlo: erano in grande maggioranza canaglia della suburra milanese, Johnny doveva sapere come lui conoscesse Milano, in tempi normali andava settimanalmente a Milano, per il grande mercato dei vini, nei tempi normali. - Gli ufficiali non sono niente di meglio della truppa…

passeggiano col frustino… Pensare quanto mi piaceva il dialetto milanese, ci aveva un vero e proprio debole… ora sentirlo in bocca a questi lazzaroni armati fino ai denti mi fa rizzare i capelli in testa -.

 

Tu, Johnny, conosci Nord?

- Nord? E chi è?

- É il capo di tutti i partigiani da qui fino alla fine delle Langhe. -

Allora lo conoscerò. - Lo conosci? - Vado a conoscerlo appena fuori di casa tua. - Ti domandavo perché questo Nord si è già rivolto a me, come ad altri, per finanziamento. Ti dico subito che trovo la cosa naturale, abbastanza naturale. E ho già versato in due riprese, una discreta sommetta. Non ci piango sopra, ma vorrei conoscere la destinazione e l’uso. Chi mi fa la richiesta e prende il denaro è Sicco.

 

Era orribile quella privazione della sua città per colpa della sua posizione e dei fascisti. D’un tratto, nell’ombra franante, ebbe il raggelante sogno di trovarsi lui solo in quella posizione, un solitario fuorilegge, autobanditosi per motivi non chiari nemmeno a lui stesso, precisatisi in un incubo, e che ora si trovasse, solo, di fronte a tutto un mondo inferocito e vendicativo, un mondo di lawsticking Attenersi alla legge and armate guardie già tutte a lui sguinzagliate…

 

Le basse Langhe non erano ancora un’isola armata, ma stavano compiendo uno sforzo goffo e altero per diventarlo; nel loro bacino gli azzurri stavano stabilendo un sistema rigido di guarnigioni e, quel che era peggio, ognuna puntigliosamente autonoma dall’altra, ognuna pronta a difendersi, magari campalmente, per se stessa e non più che se stessa.

 

...capitò a Johnny di sentire in una delle non infrequenti e non troppo amichevoli conferenze tra garibaldini e azzurri, questi ultimi sostenevano e vantavano la loro ufficialità, il grado di istruzione e la loro estrazione sociale, implicitamente svilendo e criticando i semplici rossi che si affidavano ciecamente a operaiacci e ad altri tipi così imprevisti e déracinés da apparire assolutamente i prodotti di una misteriosa generazione spontanea.

 

tragico carnevale fascista

 

L’inazione era così deprimente, rugginosa, da eccitare gli uomini più giovani ai raids più disperati, che Pierre e Michele con dura saggezza soffocavano, come tenendo bambini discosto da crushing machinery.

 

Uscirono a sentir Radio Londra in casa di notabili. Borghesia paesana, molto sensibile all’ufficialità partigiana di quel tipo (Partigiani badogliani).

 

Le ragazze ci avevano il loro bravo zampino, accoglievano e puntualizzavano e aguzzavano la divisione, portando nei capelli o alle asole nastri azzurri se preferivano e si accompagnavano con partigiani azzurri, o viceversa. Ma spesso mutavan nastro col repentino mutar di simpatia e succedeva a un ansioso partigiano azzurro di individuare nella crostosa piazza la sua ragazza con un nuovissimo nastro rosso nei capelli. Le liti così erano frequenti, gli uomini tutti armati e quasi tutti con le armi fuori sicurezza, frequente, anzi sistematico il sarcasmo contro i non allineati ragazzi locali che cercavano di difendere il loro posto con le loro ragazze. Lo spirito di corpo provocò poi frizioni e provocazioni, duelli, e i due comandi, non potendo nemmeno permettersi l’idea di Torre Santo Stefano off limits, istituirono per le domeniche un’apposita e mista polizia militare.

 

...troverete sempre in Fenoglio, troverete una cosa lacerante: la vita che non abbiamo vissuto.

 

·  Tornammo su, con lui che si sforzava di salire adagio per non perdermi d'un passo, e mi teneva sulla spalla la mano libera dal forcone ed ogni tanto mi grattava col pollice, ma leggero come una formica, tra i due nervi che abbiamo dietro il collo

 

·  Nostro padre si decise per il gorgo e in tutta la nostra grossa famiglia, soltanto io lo capii che avevo nove anni ed ero l'ultimo.

Il Gorgo – Beppe Fenoglio

(ci portiamo dietro il lutto di ciò che non facciamo)

 

 

Johnny sedeva e fumava al limite della pioggia. Fare il partigiano era tutto qui: sedere, per lo più su terra o pietra, fumare (ad averne), poi vedere uno o più fascisti, alzarsi senza spazzolarsi il dietro, e muovere a uccidere o essere uccisi, a infliggere o ricevere una tomba mezzostimata, mezzoamata (cap. XX, p. 261).

Johnny comincia il suo inverno partigiano nella completa solitudine.

La letteratura diventa una forma di resistenza

«Aleggiava da sempre intorno a Johnny una vaga, gratuita, ma pleased and pleasing reputazione d’impraticità, di testa fra le nubi, di letteratura in vita…».

I capi uscirono dopo una mezz’ora, circondando, distesi e sorridenti, il Vicario generale che appariva il più soddisfatto ed ottimista di tutti. - Se noi sacerdoti abbiamo, come fermamente credo che abbiamo, - disse il prelato con la sua voce robusta e cordiale, - di rappresentare la popolazione, io sono e sarò testimone della ragionevolezza e della pensosità di questo comando per la sorte della nostra cara città.

Johnny capì e disse in fretta: - Io ero comandato. Sognavo di tornar subito qui, ma mi hanno trattenuto. Stavo malissimo al comando.

La padrona si avvicinò al suo orecchio.                                                                              - Non vorrebbe dormire nel letto dei miei figli? - No, grazie.                                                                                                                              - Nemmeno quest’ultima notte? - aggiunse, inconsapevolmente.                                  - No, signora, grazie lo stesso.                                                                                               - Dormirò benissimo nella mangiatoia, come sempre.                                                               - Non ha mai più avuto occasione di dormire in un letto?                                                       - Qualche volta sì, ma non ho mai voluto riprendere l’abitudine.                                   - Dopo è troppo duro.

Grattò via il fango dall’orologio e lesse undici e dieci, ed ancora una volta si astrasse completamente nella brevità e nell’interminalità del tempo di guerra. Poteva benissimo aver cominciato a sparare un attimo fa e appena intaccato un caricatore, o, indifferentemente, star sparando dal principio del mondo, consumando tutte le munizioni prodotte per lui da tutti gli altri uomini.

 

Ma indossava un paltoncino con guarnizioni di pelliccia, così delizioso, così metropolitano che Johnny dimenticò tutto.

- C’è in aria qualcosa di terribile, vero, Johnny?                                                               - Sì.

- Terribile come la città?                                                                                                                           - Uno scherzo al confronto.                                                                                                            - Questo?                                                                                                                                         - No, la città.                                                                                                                                     - Quando pensi d’esserci in mezzo?                                                                                                     - Posdomani al più tardi. Qualcuno di noi invidierà Paul.                                                                   - Che vuoi dire? - gridò, L’isteria riprendendola a quella ripresa del nome di Paul.                              - Sì, invidiarlo per la sua unica morte. Ci ammazzeranno a dozzine, ci prenderanno a centinaia, e i presi dovranno invidiare i morti secchi.

Defluirono tutti in cucina e la donna disse: - Stanotte cucinerò per voi, e forse siete gli ultimi partigiani per i quali lo faccio, perché domani cucinerò per fascisti e tedeschi, a meno che non mi ammazzino, venendo a sapere da qualcuno tutto quello che ho fatto per amore di voi partigiani -.

Il romanzo è un susseguirsi di azioni di guerra e di attesa di esse. Si vive nell’attesa di uccidere o di essere uccisi. Non c’è ideologia ne Il Partigiano Johnny, non ci sono discorsi politici. Ma c’è l’odio. Un odio che imbarbarisce e ti fa vedere il nemico non più come un essere umano. Eppure dopo il primo scontro accanto ai suoi nuovi compagni…

“Il cuore di Johnny s’apriva e si scioglieva, girò tutta l’aia apposta per farsi partecipe e sciente di ogni uomo…gli si era completamente liquefatto dentro il senso umiliante dello scacco di classe. Avevano combattuto con lui, erano nati e vissuti, ognuno con la sua origine, giochi, lavori, vizi, solitudine e sviamento…”

Johnny e i suoi compagni sono giovani uomini alla ricerca di una ragione, di una verità. Abbandonata la comoda esistenza di figli ben accuditi, stato nel quale non risiederà mai per nessun giovane uomo cosciente la verità dell’esistenza, si incamminano verso il nuovo che, nel loro caso, si identificherà con le colline partigiane.

La violenza della guerra e della vita contadina sono mostrati come esempi di una condizione metafisica assoluta. Le scene non sono inserite in un contesto storico e sociale determinato, descritto nel dettaglio. La violenza non è infatti un dato storico, e di conseguenza non vi possono essere soluzioni politiche né possibilità di riscatto. Da qui l’assenza di considerazioni moralistiche e ideologiche sugli eventi narrati: lo scrittore mantiene sempre un punto di vista lucido e obiettivo, senza partecipare emotivamente a quanto narrato. La guerra contro il nazi-fascismo è quindi un’esperienza assoluta, un’avventura esistenziale in cui l’individuo cerca la propria verità interiore.

Proprio per la sua oggettività, la narrativa di Fenoglio è rapida ed essenziale, e ricorre a un linguaggio asciutto. Lo scrittore si orienta soprattutto all’azione e alle cose, dando forma a scene che sono fortemente visivo. Talvolta ricorre al dialetto ma, a differenza del verismo, non si tratta di un tentativo di imitare il linguaggio parlato dal popolo. Piuttosto, è un ulteriore tentativo di descrivere la durezza della vita. E anche in quelle opere, come Il partigiano Johnny, in cui lo stile è più elaborato e prezioso, questo non alterano la rapidità e l’essenzialità della narrativa di Fenoglio.

Si rialzarono e mossero i primi passi verso l’alto. Facevano strada nel cuore del bosco, tra la vallata lacerata da sporadici spari e la cresta pefettamente silenziosa, a metà della grande collina. Camminavano nel bosco, in zone d’ombra sempre più cupe nel crescendo del vento, e pareva che ogni altro sentimento ed istinto si andasse in questa primeva marcia verso il più piatto della sicurezza attraverso il più erto del rischio.

- Respira profondamente e senti se ti fa male.                                                                         - Mi fa male sì.                                                                                                                             - Molto male?                                                                                                                          Provò e disse di no.                                                                                                                          - Allora non hai costole rotte e ringraziami.                                                                                             Il ragazzo disse: - Ho perduto il mio fucile…                                                                                 - Ho visto. - … Ed ora mi disfaccio delle munizioni, - e Johnny sentì l’atterrar sordo del sacchetto sull’erba. - Ora non sono più un partigiano, non è vero? Non possono più uccidermi, per nessuna prova. Possono fermarmi ed interrogarmi e magari imprigionarmi, ma non possono più uccidermi sul posto. A te che ne pare?                             Sospirò: - Hai indosso un giubbotto grigioverde e calzoni mimetici. Ti uccideranno solo perché sei vestito così. Cambiarti non hai da cambiarti e nudo non puoi girare, perché essi capiranno e ti uccideranno bell’e nudo.                                                                          Il ragazzo era così stanco che rivelò solo parziale delusione.                                                 Johnny smise di vigilare sulla balza e si rivolse giú al torrente.

Mentre guadavano, Jackie disse che conveniva lasciare indietro ragazzo, tanto più che era disarmato. Dicendo questo, la voce di Jackie era più che mai anziana. Il ragazzo si aggrappò a Pierre, remorandolo nel guado, poi come Pierre non gli dava retta s’incattivì. - Se mi mollate, grido a squarciagola e ve li faccio arrivare addosso. - E noi, - disse Ettore, - ti anneghiamo all’istante in questi due palmi d’acqua.                           Allora corse avanti ed approdò il primo. Ma davanti a quella solitudine minutaria, davanti al fantasma della strada il ragazzo tornò indietro, in mezzo a loro. Pierre lo afferrò per il collo. - Stai facendo un chiasso d’inferno. Ora basta, cercati da solo la tua vita o la tua morte.

Fatemi il piacere di pensarci con me. Pane di forno, di quello che in mano ti cricchia e tante tante fette di pancetta, bianchissima, con quella bella venetta rossa circolare…

Fenoglio è stato anche “plasmato” dalle Langhe, luogo da lui amato, che però, in qualche modo, è stato anche materia di cattività. Impiegato presso una famosa ditta di vini locali, si è spesso rifugiato, sentendosi culturalmente “libero” nella traduzione della poesia di lingua inglese. Fenoglio scelse l’Inghilterra e la sua cultura come degna rappresentante della sua “own” rivoluzione culturale, come massima espressione dei suoi ideali, in aperta e dichiarata contrapposizione al clima culturale presente nell’Italia provinciale degli anni ’20 e ’30. Così la tumultuosa Inghilterra del diciassettesimo secolo divenne l’immediata reazione dello scrittore all’Italia fascista.

 

Hai mai visto il Bormida?                                                                                 Ha l’acqua                                                                                                                color del sangue raggrumato,                                                                          perché porta via                                                                                                                   i rifiuti delle fabbriche di Cengio                                                                                e sulle sue rive                                                                                                           non cresce più un filo d’erba.                                                                  Un’acqua più porca e avvelenata                                                                     che ti mette freddo nel midollo,                                                                          specie a vederla di notte sotto la luna (...)                                                    Poi mossero gli occhi                                                                                     intorno e in alto                                                                                                  C'era da restare accecati                                                                                          a voler fissare                                                                                                               là dove il cielo d'un azzurro                                                                                    di maggio si saldava                                                                                                alla cresta delle colline                                                                                                  di tutto nude fuorchè                                                                                                    di neve cristallizzata.                                                                      Un'irresistibile attrazione                                                                              veniva col barbaglio                                                                                                 da quella linea;                                                                                                sembrava essere                                                                                                             la frontiera del mondo,                                                                                               da lassù potersi fare                                                                                                 un tuffo senza fine

(Beppe Fenoglio, “Un giorno di fuoco”, Einaudi 1988)

 

Un giorno di fuoco

Il protagonista è Gallesio di Gorzegno: un uomo solitario, disperato, che combatte la sua guerra contro le istituzioni, convinto, fino al suicidio finale, di poter ottenere giustizia soltanto con la violenza.
L’ambiente ricorda la società contadina de La malora, dominata da un destino che annienta progressivamente tutte le sue vittime.
Gallesio, sfruttato dal fratello, che pretende da lui un considerevole interesse per il denaro che gli ha prestato, vorrebbe sposare una donna ricca, per far fronte all’ingente debito, ma il parroco non lo aiuta e scoraggia la promessa sposa.
Dall’ingiustizia nasce la lucida follia del protagonista: egli “dà la parola alla doppietta” e, per vendicarsi dei torti subiti, uccide il fratello, il nipote, il parroco ed un carabiniere.
Gallesio vive e muore in uno scenario epico, attraverso i racconti e le testimonianze di altri personaggi; ma all’atmosfera leggendaria si oppone, per contrasto, il realismo delle immagini violente suggerite dalla narrazione e, soprattutto, la disincantata considerazione finale della zia di Fenoglio: “tutto il male che capita su queste Langhe la causa è la forte ignoranza che abbiamo
[1]”.

- A che pensi, Ettore?                                                                                                                   - Penso alla differenza tra il presente e i giorni della città.                                                     - Non ti è mai balenata l’idea di qualcosa di simile laggiú in città?                                                       - Mai una volta?                                                                                                                                 - No, mai. Io andavo come ubriaco laggiú in città. Eravamo tutti ubriachi.

- Fai piani a lunga scadenza, eh? - fece Pierre. - Quando scurisce…                                    Tuttavia il crepuscolo arrivò, essi tutto quel tempo fissi alla grande collina dirimpetto, sempre meno corsa dalle loro squadre, evidentemente anch’essi sentivano fatica.            Più tardi, sorse un rombo di camion nelle vicine profondità di Valle Belbo e, più tardi, ancora, forse a Cossano, una serie di raffiche.                                                                                   E fu come se quelle pallottole entrassero nelle loro carni e le sforbiciassero, ed essi si dimenarono supini sull’erba tough per dolore e spavento direttamente sentiti. Perché quelle raffiche suonavano così misurate, puntuali, e così ufficialmente intervallate che non si poteva nemmeno dubitare che non si trattasse di fucilazioni. Forse a Cossano.                                                                                                                           Poi si fissarono al cielo ed agli sconfinati suoi specchi sulle colline, ed ogni sguardo era una preghiera, un’imposizione al mondo di caricarsi di più cupe tinte, per drenare il cielo e la terra dei colori del giorno. Finché tutto il residuo colore del cielo si ridusse a qualche moribondo tizzone in un letto di fosche ceneri. Allora Jackie si alzò, gigantescamente stirando la sua figurina ragnosa e disse: - Ragazzi, vi rendete conto che siamo vivi e in piedi al finire del secondo giorno?                                                                 Non faranno mica la Sei Giorni?

“Queste cominciano a essere le Langhe del mio cuore: quelle che da Ceva a Santo Stefano Belbo, tra il Tanaro e la Bormida, nascondono e nutrono cinquemila partigiani e gli offrono posti unici per battagliarci.” (Appunti partigiani 1944-1945, Einaudi, 1994)

... è il giovane partigiano Johnny il protagonista di questa storia, un ragazzo idealista e generoso, che sceglie la via delle montagne più per amore di libertà che per odio verso gli avversari: “Partì verso le somme colline, la terra ancestrale che l’avrebbe aiutato nel suo immoto possibile, nel vortice del vento nero, sentendo com’è grande un uomo quando è nella sua normale dimensione umana.”

“Oltre Mango, stava il vero Sinai delle colline, un vasto deserto con nessuna vita civile in cresta ed appena qualche sventurato casale nelle pieghe di qualche vallone. La notte era completa, il sentiero invisibile sotto i piedi tentanti, e un vento sinistro, come nascente da un cimitero di collina, soffiava a strappi, come per una frizione dei suoi stessi strati di gelo.”

“Allegramente, sportivamente solcò la neve fino al cancello riuscì all’angolo per una vista d’insieme. Tutto il mondo collinare candeva di abbondantissima neve che esso reggeva come una piuma. Assolutamente non sopravviveva traccia di strada, viottolo sentiero e gli alberi del bosco sorgevano bianchi a testa e piede, nerissimo il tronco, quasi estrosamente mutilati. E le case tutt’intorno indossavano un funny look, di lieta accettazione del blocco dell’isolamento. Pareva un giorno del tutto estraneo, stralciato alla guerra, di prima o dopo essa…”

“Si ritrasse dal finestrino. L’amore del paesaggio era stata forse la prima cosa che gli si era spenta dentro. Quindici anni fa (molti ma non troppi) quell’albero solitario, che aveva appena intravisto, con la sua cupola di foglie arrovesciata nella zona argentea del cielo, l’avrebbe inchiodato, gli si sarebbe fatto ripensare anche nel colmo della notte. Si comincia presto a morire, dovette pensare, e ci si mette poi tanto” (Figlia, figlia mia in Beppe Fenoglio, Tutti i racconti, Einaudi, 2018).

Si rannicchiò a ridosso del tronco, le ginocchia gli sorreggevano il mento. - Ora farò un sogno, mi comando di fare un sogno. Io seduto a tavola, a ventidue gradi di calore, una sala bella e sicura, che mi mangio il mio menu preferito e mia madre che mi serve personalmente.

- I tedeschi hanno o non hanno i famosi cani da naso?                                                                     - É una storia, per quel che so.                                                                                                       - La gente dice che li hanno.                                                                                                           - É una storia, signora.                                                                                                            Sospirò di sollievo, avanzando il seno che era la sua unica ricchezza. - Mio marito e mio suocero sono nascosti sottoterra ed io ho steso sulla buca del letame fresco, così i cani se venissero si confonderebbero il naso e non coglierebbero più l’odore della carne cristiana. Sono sicuri laggiú, mio marito e mio suocero? - Sì, stanno bene dove sono.

...una scrittura che fosse in grado di ancorarsi al mondo allontanandosi dalle prospettive consuete di rappresentazione.

 

Si tratta di corpi in perenne movimento e in condizione di precarietà, sepolti o inghiottiti dalla terra...

 

E allora potevo tagliare a destra, arrivare a Belbo e cercarmi un gorgo profondo abbastanza.

 

Fenoglio: cercare nuovi modi di espressione nel grande stile del Partigiano Johnny. Quello che Fenoglio definisce “il libro grosso”, scritto in prima redazione in un inglese inventato che ha avuto molteplici definizioni (fenglese, itanglese, itangliano, fenogliano), aveva bisogno una lingua magica, mobile e libera.

 

...le parole hanno una consistenza tridimensionale, si svincolano dalle pretese della mimesi del reale o dagli obblighi della rimemorazione e creano un mondo in conflitto con lo sforzo di restituzione della grande storia e con il percorso individuale di ricerca di senso che i personaggi devono compiere.

 

Beppe Fenoglio è antifascista per istinto umano, ancor prima che per scelta politica. La barbarie mussoliniana non può avere nulla a che fare con la sua concezione della vita.

Alla lotta partigiana partecipano tutte le forze democratiche: dai moderati di destra (i liberali e monarchici), agli uomini di centro (cattolici e repubblicani), fino a socialisti e comunisti (che furono numericamente maggioritari).

 

La guerra civile dunque rende ogni attimo più intenso, e impone al soggetto un confronto costante con gli aspetti fondamentali della vita (da che parte stare, tradire o non tradire, anteporre la comunità all’esigenza personale, la paura della morte, ecc.). È come se durante la guerra civile tutto fosse più vero, e richiedesse agli individui una costante sincerità.

 

... la vita contadina delle Langhe: è un’esistenza dura, non solo per la fatica, ma anche per i rapporti tesi che si instaurano tra le persone.

 

Questo libro unisce due elementi: la lotta di Resistenza e i turbamenti esistenziali di un giovane.

 

«com’è grande un uomo quando è nella sua normale dimensione umana».

 

Era impossibile trascorrere le ore – e le ore avevano un’estensione biblica – senza pensare a nulla, come agognato, e l’inevitabile pensare presto tombava il cervello in caoticità febbrile.

 

Johnny è un eroe problematico e fragile, che deve vincere prima di tutto i suoi dubbi e le sue umanissime debolezze; e Johnny lo fa tagliando i ponti con il passato, accettando di vivere in un presente doloroso e precario, in cui la morte può arrivare da un momento all’altro.

 

... in un esercito il soldato che uccide può sempre dire “ho eseguito gli ordini”; nel caso di un partigiano come Johnny, il peso della scelta di uccidere o di compiere una violenza ricade sempre e comunque sulla coscienza del singolo, e il peso da portare è enorme.

 

La grandezza della narrazione di Fenoglio dedicata a Johnny sta in questa capacità di raccontare la guerra partigiana dall’interno e di dare valore morale e simbolico a ogni azione. Il racconto diventa così non una semplice sequenza di fatti, ma il resoconto di una profonda esperienza umana ed esistenziale in cui l’uomo si confronta con i grandi e universali temi della violenza, del dolore e della morte, senza che venga mai meno la tensione morale e conoscitiva.

 

Sbarcarono e come ultimo atto di guerra si accostarono cautamente alla strada; poi ne volarono l’asfalto ed in un attimo gli strolled nel soffice viottolo di campagna sognato per tre giorni. Ora potevano passeggiare e sostare, accender sigarette e canticchiarc. Dal cielo si distillava una minuscola, pulverulenta acquerugiola deliziosa per levità e freschezza, quasi un delizioso memento del loro esser vivi e salvi, al di fuori del sogno.

 

Nel frattempo il comando fascista aveva diramato con ogni mezzo, specie tramite gli onniserventi preti, il suo ultimo bando per una consegna con impunità, facendo leva sulla crudezza dell’entrante inverno, sul generale arresto alleato sulle posizioni autunnali e sulla notoria crescente potenza dell’armata fascista.

 

I contadini li ricevevano solo con un cenno ed un sospiro, indicavano il posto e la paglia - non prestavano più coperte - poi salivano al piano di sopra per rincuorare le loro donne prese da attacchi di cuore. Ed uno orecchio buono poteva cogliere fra le fessure del piancito i loro gemiti e frasi di fuoco e morte e poi il soffocato zittio degli uomini ché i partigiani non sentissero e non s’offendessero. Li svegliavano alle quattro ed anche prima, senza più offerta di pane e nemmeno d’acqua calda per sgelare d’uno scroscio lo stomaco, li mettevano fuori e li lasciavano in quell’impossibile mondo di tenebra e gelo. - Sono stanchi di noi, sospirò Pierre, come giacevano tremando sotto il tenue strato di paglia, con le bestie già assopite e pertanto pochissimo calorifere, stanchi, stanchi, stanchi.

 

Il torrente centrale di pallottole si era essiccato, certo Pierre ed Ettore giacevano crivellati di colpi sul vasto scoperto, offrendo tutte le loro membra alla soddisfatta ispezione dei fascisti. Johnny ne era tanto sconvolto ed atterrito che nemmeno si voltò a constatarlo nella pianura. Strisciò sulla pancia verso il torrente.

 

Ettore aveva il mal di ventre, non poteva correre come doveva. Li hanno uccisi. Io sono vivo. Ma sono vivo? Sono solo, solo, solo e tutto è finito».

 

Dove andava? Nelle fratte della vallata di San Rocco, contorte e buie sotto di lui. Ma così non si accostava troppo, pericolosamente, alla città? Che cosa gli importava? Non aveva dove andare, e così scendeva, scendeva, stranito ma rapido.

 

«Enough, enough, today, I’ve had enough. Maybe they two were still alive, but they are dead, they both. Enough, enough, I don’t want to be shot at any longer, I don’t want to have to fly for my life once more. Enough, enough, the proclamation. No, I don’t want to consign, to give myself up, but I’ll hide in any house, in a hut a cellar, I’ll have myself maintained, I’ll dress in civies, I’ll bury my sten. Enough, I’ll surely be patient until the end. I’m alone. Enough».

«Basta, basta, oggi, ne ho abbastanza. Forse erano ancora vivi quei due, ma sono morti, entrambi. Basta, basta, non voglio più essere colpito, non voglio dover volare per salvarmi la vita ancora una volta. Basta, basta, il proclama. No, non voglio consegnarmi, consegnarmi, ma mi nasconderò in una casa qualsiasi, in una baracca, in una cantina, mi farò mantenere, mi vestirò in borghese, seppellirò il mio sten. Basta, sicuramente avrò pazienza fino alla fine. Sono solo. Basta».

 

Pensò che forse un partigiano sarebbe stato come lui ritto sull’ultima collina, guardando la città e pensando lo stesso di lui e della sua notizia, la sera del giorno della sua morte. Ecco l’importante: che ne restasse sempre uno.

 

Noi sappiamo che voi siete migliori di loro, lo sappiamo. Ma abbiamo paura, viviamo sempre tremando e per questo la vita ci disgusta, ma anche la amiamo ed è tremendo andare a letto ogni sera senza la certezza di svegliarsi il mattino dopo. E abbiamo moglie e figli e nipoti, lo sai, e tutti i doveri connessi. Se non fosse così io sarei con voi con la mia doppietta, a dispetto dell’età. E poi ci sono le spie, Pierre. Noi sappiamo che hanno lasciato dietro le loro spie e che possono esserci addosso ad un avviso di un’ora.

 

Nord disse: - Cessiamo di fare gli uomini, ora e per lungo tempo faremo le marmotte. è bestiale, rapidamente logorante, ma necessario.

 

Una donna invitò Johnny a rivoltare il morto, desse un’occhiata alla sua bellissima faccia, ed era realmente come la donna lo descriveva: il rosato delle guance non era ancora completamente svanito, il giovanile nitore dei lineamenti non ancora affogato nell’età insondabile della morte né troppo affilato dallo strain della disperata vita che aveva così precocemente condotta. - Un così bel ragazzo, - si lamentò la donna, - che io sarei stata orgogliosa d’essergli madre. Ed ora eccolo lì, ucciso come un coniglio.

Disse Johnny: - Sì, Ivan, questo cambia tutta la situazione.

L’uomo che l’ha ammazzato era un tipo che egli non conosceva e del quale assolutamente non sospettava. Un uomo che l’ha incrociato, magari con un sorriso e con un saluto, e dopo due passi ha estratto la pistola e gli ha sparato nella schiena. - è così, - disse Ivan, - e poteva esser travestito indifferentemente da contadino, da mendicante, o ambulante. Può benissimo darsi che il morto lo abbia salutato e sorriso.

 

... d’ora innanzi, dài l’altolà a tutti quelli che incontri, e puntali e falli avanzare con le mani intrecciate sulla testa.

Soprattutto parlagli in dialetto e pretendi che ti rispondano in dialetto.

E al primo dubbio o al primo movimento falso spara, spara, spara, perché non possiamo permetterci il lusso di crepare in questa disgraziatissima maniera.

 

Svegliandosi, ebbe un’immediata, socchiusa sensazione di nevicata, ma poi vide la nebbia. Ma tale una nebbia quale aveva mai visto sulle più favorevoli colline: una nebbia universale, un oceano di latte frappato, che restringeva i confini del mondo a quelli dell’aja, anzi ben più dentro.

 

Il fumo gli avrebbe intontito lo stomaco, si sedette e si rilassò nella posizione più comoda e calmificante. Poi iniziò la cerca, col più fino e sensibile delle falangi, di tutti i resti di tabacco in ogni tasca. A lungo estrasse e ammucchiò segmentini ed atomi di tabacco misti a briciole di vecchio pane e fili di stoffa. Aveva ora nel palmo quanto bastava per una sigaretta. Tornò nella stalla a cercare il mozzicone della notte e lo trovò. Con esso sarebbe riuscita una sigaretta robusta e di buon corpo. Poi cercò la carta, merce quasi sconosciuta in casa.

Girò e rovistò finché trovò un vecchio opuscolo, grinzato ed ingiallito dal tempo, di agricoltura e masseria. Ne strappò un foglio in un quadratino e cominciò a torchiare. Lavorandoci con infinita cura e sospensione, si rese conto di quanto le sue mani si fossero fatte grossolane ed inadatte per questi lavori di fino. Se la sigaretta gli veniva discretamente modellata ad un capo, restava informe all’altro; ad un certo momento tutto il tabacco scivolò sull’ammattonato.

Chiuse gli occhi e strinse i denti: Non perder la testa. É niente. Del resto non avevi nemmeno un fiammifero».

 

Johnny guardò circolarmente i bambini in gioco e disse: -

Qualunque cosa accada, badate a loro.

Capito?

Pensate prima a loro.

E noi lasciateci al nostro destino.

Pensate soltanto a loro.

Non sentirete rimorso col tempo, sarete tranquilli.

 

«What next? What next?»

Dopo Natale aveva trascorso quattro miserabili giorni, pieno di voglie come una gestante, con un bisogno pazzo di tabacco, di qualcosa di dolce da succhiar lentissimamente, di bere qualcosa di arancioso, di lavarsi con una vera saponetta, per le più sciocche canzoni alla radio, sforzandosi di riaddormentarsi avanti, e visioni incubi popolavano quei miserabili bocconi di sonno. «What next?  What next?»

 

Due soldati mi scortarono fino al posto di blocco: uno, dopo avermi insultata a più non posso, passò avanti ad accelerare le bestie, e l’altro rimasto alla predella trovò il tempo di bisbigliarmi: «Scolpitevi in mente la mia faccia, signora, e salvatemi dai partigiani e spendete per me una buona parola, e datemi rifugio. Non importa che i partigiani mi pestino da sfigurarmi, se capito dalle vostre parti, purché non mi tolgano la vita. Ne ho abbastanza, specie ora che il colonnello se ne va, e a giorni diserterò». Io gli accennai appena di sì con la testa e subito dopo passai il posto di blocco, con tutti loro che mi insultavano dietro, compreso quello che mi si era appena raccomandato.

 

Io sono il passero che non cascherà mai. Io sono quell’unico passero!

 

Enrico Martini "Mauri"
(LAMPUS)

“Mauri era massiccio eppur felino come sempre, come sempre abbigliato in sobria splendidezza, corretto e gentile come sempre, egli, l’ufficiale regolare per antonomasia, il Comandante di Gruppo di Divisione che si rivolgeva col lei al minore dei suoi ragazzini portaordini.”

 

Piero Balbo "Poli"
(COMANDANTE NORD)


“Nord aveva allora trent’anni scarsi, aveva cioè l’età in cui a un ragazzo appena sviluppato come Johnny la maturità trentenne appare fulgida e lontana ma splendidamente concreta come un picco alpestre. L’uomo era così bello quale mai misura di bellezza aveva gratificato la virilità, ed era così maschio come mai la bellezza aveva tollerato d’esser così maschia. Il suo aquilino profilo aveva quella giusta dose di sofficità da non renderlo aquilino, ed era quel profilo che quando scattò, later on, su un fondo oscuro, davanti a una triade di prigionieri fascisti, tutt’e tre crollarono ai piedi di Nord, in un parossismo di sgomento e di ammirazione. L’aurea proporzione del suo fisico si manifestava fin sotto la splendida uniforme, nella perfezione strutturale rivestita di giusta carne e muscolo. I suoi occhi erano azzurri (incredibile compimento di tutti i requisiti!), penetranti ma anche leggeri, svelanti come mai Nord prevaricasse col suo intenzionale fisico, la sua bocca pronta al più disarmato e meno ermetico dei sorrisi e risi; parlava con una piacevole voce decisamente maschile, mai sforzata. E si muoveva con sobria elasticità su piedi in scarpe da pallacanestro.

I prigionieri fascisti usavano riconoscerlo di primo acchito, al suo solo apparire lontano, anche prescindendo dall’individuale splendore della sua divisa. He always wore the very uniform for the very chief. Al momento dell’introduzione di Johnny, vestiva una splendida, composita divisa di panno inglese, maglia e cuoio; ed altre divise, numerose, tutte formidabili ed eleganti, uniche per invenzione, taglio, composizione e generale apparire, pendevano alla parete del comando."

“Venne il ventoso, massivo fruscio dell’autovettura di Nord.
Essa e gli occupanti erano pronti per l’ingresso di gala. Due autisti, rigidi fin d’ora, e sul sedile posteriore, solo, Nord, inguainato nella sua tuta di gomma nera con le cerniere cromate: dominante, solo, monolitico e arcano come un duce assiro.”

“Non sarebbe riuscito a bloccarli, non l’avesse salvato la generale curiosità per l’automobile in cui Lampus e Nord si apprestavano a fare l’ingresso trionfale: una macchina enorme, tutta gialla, lampante preda bellica ai tedeschi, con sui parafanghi ciascun uomo armato di Thompson e dietro, sulle teste fisse dei capi, un uomo torreggiante brandeggiava un bren girevole.”

“Nord campeggiava tra la sua guardia e gli ufficiali invitati.
Vestiva una tuta, così semplice come Johnny e mai l’altro avevano visto più semplice, ma la sua bellezza e fasto fisico erano tali che pur in tuta appariva in state. Intorno gli erravano le sue guardie del corpo, magnificamente nutrite e muscolate, armate fino ai denti e tutte vestite in khakhy, ma con accessori tedeschi.”

GIOVANNI BALBO “PININ”
(il padre di Nord caduto nella battaglia di Valdivilla)


“Sorrise e disse: - Siete uomini di mio figlio e non riconoscete il padre di Nord? – Johnny stupì, non aveva mai sentito d’un padre di Nord, che combattesse all’ombra del figlio, ma non vi fu più tempo. Il vecchio ritirò giù il mefisto e disse calmo che Mango oggi era stato una vergogna, una vergogna di tutti e non solo del suo preciso presidio. Poi la voce del vecchio esplose, ad un diapason di collera ed energia. – La mattina è stata di vergogna, ma non il pomeriggio dico! Chiamate abbasso i vostri compagni e inseguiamoli. Agganciamo la loro retroguardia e facciamone strage! – Possiamo e dobbiamo farlo! (…)
Johnny fissava il vecchio, leggendogli la volontà e la capacità di portare se stesso e tutti lì intorno ad un destino – morte o trionfo in eguale misura – e poi sbirciò il cielo, che era gravido di tremendità e di destino.”

Dario Scaglione (TARZAN) e Settimo Borello (SET)
(catturati a Valdivilla e poi fucilati a Canelli)

“E qualcosa doveva essere accaduto a Settimo, perché urlò e dropped la sua arma e con ambo le mani si sollevò la gamba destra e al coperto del camion Tarzan stava prendendoselo a spalla e cautamente, con immensa fatica, lo ritirava oltre il fossato, lungo un rittano.”

Piero Ghiacci
(PIERRE)

“Tenente di aeronautica, antagonista dei caccia inglesi su Malta e Napoli. Su un fisico minuto ed asciutto, leggermente elettrizzato, innestava una irriproducibile faccia di moschettiere guascone riportata in normalità da due azzurri, mansueti, cristiani occhi azzurri. I suoi capelli tendevano al rossiccio, e tutti arricciati con quella minuta densità che Johnny aveva sempre malsopportato, ma che amò sul capo di Pierre.
Vestiva assolutamente clean and tidy, ma senza l’ombra di quello sfarzo vigile che distingueva gli altri capi badogliani.”

Arturo Daidola
(KYRA)

“Il miglior uomo agli ordini di Pierre era Kyra. Era un piemontese di prima generazione, ma di sangui lontani. Aveva una bellezza complessa e diretta eppure d’un ardore nettamente sardo ma come temperato e blended in una morbidità laziale. Era basso, ma come sollevato dall’aurea proporzione delle sue membra, con una voce vellutata eppure virile. Vestiva, al pari di Pierre, con una sobrietà e funzionalità che dava nel puritano, eppure la sua stessa eleganza fisica lo faceva apparire il più brillante e policromo di tutti.”

Le staffette partigiane

“Come Johnny notò fin dal suo arrivo nei paraggi del quartier generale, le donne non erano piuttosto scarse nelle file azzurre, con ciò aumentando quella generale impressione di anacronismo che quei ranghi ispiravano, un’abbondanza femminile concepibile soltanto in un esercito del tardo seicento, ancora fuori dalla scopa di Cromwell. Il latente anelito di Johnny al puritanesimo militare, appunto, gli fece scuoter la testa a quella vista. (…)
Esse in effetti praticavano il libero amore, ma erano giovani donne, nella loro esatta stagione d’amore coincidente con una stagione di morte, amavano uomini doomed e l’amore fu molto spesso il penultimo gesto della loro destinata esistenza. Si resero utili, combatterono, fuggirono per la loro vita, conobbero strazi e orrori e terrori sopportandoli quanto gli uomini. (…) E quando furono catturate e scamparono, tornarono infallantemente, fedelmente alla base, al rinnovato rischio, alle note sofferte conseguenze, dopo aver visto e subito cose per cui altri od altre si sarebbero sepolti in un convento.”

PIETRO CHIODI
(professore di storia e filosofia)

“Johnny si ricordò e disse: - È ancora con Kierkegaard? – Figlio mio, Kierkegaard può benissimo esaurire una vita -. E Y: - Io sono un orecchiante, ma è igienico darsi a Kierkegaard di questi tempi? – Chiodi sospirò, nella ineluttabilità della prestazione professionale: - Vedi, l’angoscia è la categoria del possibile. Quindi è infuturamento, si compone di miriadi di possibilità, di aperture sul futuro. Da una parte l’angoscia, è vero, ti ributta sul tuo essere, e te ne viene amarezza, ma d’altra parte essa è il necessario “sprung”, cioè salto verso il futuro…”

LEONARDO COCITO
(professore di italiano e latino)

“E Cocito saettò sull’arrivante Johnny i suoi occhiali. Era occhialuto come Chiodi: ma a Chiodi le lenti rivelavano, magnificavano la pupilla in una tersità cristallina, mentre le lenti di Cocito avevano effetto intorbidante per l’osservatore, gli sfumavano la pupilla in una chiazza misteriosa. Si era immassicciato vieppiù, ma anche agilitato, pareva, e la sua testa aveva assunto la rotondità e l’allure prolifico della leoninità.”

 

 

 

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