Signore e signori (Talking Heads)
I Monologhi
Il titolo originale dell'opera Talking
Heads, traducibile come "teste parlanti", evidenzia il fatto che
nella produzione originale della BBC l'artista che enunciava il monologo veniva
inquadrato a mezzo busto, e si limitava a raccontare la storia senza ricorrere
a luci, scenografie e costumi.
Le trame sono brevi, drammatiche,
ironiche ed esprimono una realtà quotidiana apparentemente insignificante,
accentuata dalla sceneggiatura minimale.
Temi ricorrenti sono la morte, la
malattia, il senso di colpa e l'isolamento.
I monologhi si ambientano per lo più
a Leeds, anche se Bennett
ha sottolineto che non si tratta della "vera" Leeds, ma una versione
alternativa che esiste nella sua testa, formata da ricordi e posti che nella
realtà non sono mai esistiti o non esistono più.
Trama
·
Una donna come tante
Peggy Schofield si autodefinisce "impiegata
modello" e crede di essere il punto di riferimento per tutti i suoi
colleghi. Improvvisamente la sua salute peggiora fino a richiedere un ricovero
in ospedale: durante la degenza Peggy tenta di ricostruire la sua routine
lavorativa, trattando medici e infermieri come se fossero suoi dipendenti.
Viene presto rivelato da alcuni indizi che la donna era tutt'altro che
apprezzata dai suoi colleghi, i quali odiavano il suo essere ossessivamente
severa e autoritaria; questo aveva spinto il suo capo a licenziarla, cosa che
ha causato il suo tracollo. La malattia peggiora rapidamente, e sebbene tutti
intorno a lei sappiano che non le resta molto da vivere, Peggy continua a
essere convinta del contrario.
·
Una patatina nello zucchero
Graham Whittaker è un uomo di mezza età,
affetto da una cronica depressione, che vive con
l'anziana, dispotica madre Vera; i due hanno un rapporto di interdipendenza,
fatto di piccoli litigi e noiose abitudini. Tutto cambia quando Vera incontra
Frank, un suo fascinoso coetaneo, che comincia a corteggiarla scatenando la
gelosia di Graham. Frank finisce addirittura per chiedere a Vera di sposarlo,
suggerendole di lasciare Graham al proprio destino; questi scopre però che
Frank è sposato con una donna invalida, e per sfuggire alla tristezza del suo
matrimonio si concede spesso avventure con altre signore: Vera non è l'unica ad
aver ricevuto una proposta di matrimonio. Graham, trionfante, corre a
spifferare la verità a sua madre, che però sfoga su di lui tutta la propria
disperazione: nel drammatico litigio che ne consegue, Vera gli rivela di aver
sempre saputo dell'omosessualità che lui si ostina a reprimere,
arrivando a definirlo anormale. Il giorno dopo, tuttavia, Vera sembra aver
dimenticato la faccenda, e i due ritornano alla loro ipocrità normalità.
·
Un letto fra le lenticchie
Susan, la moglie di un vicario anglicano alcolizzata e depressa,
odia il suo vanesio marito e tutta la sua comunità parrocchiale, ipocrita e
perbenista. La svolta arriva quando la donna si concede una relazione
extraconiugale col droghiere indiano Ramesh, che la porta a uscire dalla
sua prosternazione psicologica e a riprendersi rapidamente. Il vicario crede
che la sua guarigione sia dovuta esclusivamente alla preghiera e al suo
supporto; solo Susan saprà la verità, e si scoprirà ancora più forte
nell'apprendere del matrimonio di Ramesh.
·
Una donna di lettere
Irene Ruddock è una donna single della
classe operaia che vive vicino a Bradford e non ha paura
di dire quello che pensa: scrive lettere indirizzate al pubblico ministero, alla polizia, al
farmacista e a chiunque ella creda affetto da "male sociale"; in
realtà, quelli che lei crede amorevoli suggerimenti vengono presi come insulti
da tutti i suoi corrispondenti. Dopo una serie di denunce, Irene viene mandata
in prigione, dove per la prima volta nella sua vita si sente libera e felice,
attorniata da gente in grado di rimediare davvero ai "mali sociali".
·
La sua grande occasione
Lesley è un'aspirante attrice ingenua e svaporata,
che dopo infruttuosi tentativi di lanciare la sua carriera crede di aver
trovato la sua grande occasione grazie all'ambiguo regista Gunther, che le ha
proposto il ruolo di Travis, disinibita protagonista di un film destinato al
mercato della Germania Ovest. In realtà è piuttosto chiaro che quello
girato sia un film pornografico di bassissima qualità, e che pur di
ottenere la parte Lesley abbia dovuto cedere alle avances sessuali di Gunther;
tuttavia, troppo entusiasta per accorgersene, l'attrice crede di aver offerto
la performance migliore della sua carriera, e si ostina ad attendere invano di
essere contattata da registi e produttori di grido.
·
In trincea
Muriel Carpenter si crede una donna
forte: pilastro della comunità, gran benefattrice e volontaria nelle mense dei poveri,
si prende cura di sua figlia Margaret, affetta da problemi psichici,
rafforzando questa convinzione. Quando suo marito Ralph muore, Muriel si
dimostra forte come ci si aspetta da lei; tuttavia, data l'inettitudine (o la
disonestà) di suo figlio Giles, tutto il patrimonio lasciatole in eredità viene
prontamente dissipato. Intanto Margaret migliora rapidamente, lasciando
intendere che il suo distrubo fosse dovuto agli abusi sessuali di suo padre;
abbandonata da entrambi i figli, Muriel si trova improvvisamente sul lastrico e
deve ricorrere alle stesse cure che ella prestava ai poveri. Tuttavia continua
a non perdersi d'animo, e scopre di potersi adattare a qualsiasi evento
nefasto.
·
Una fetta biscottata sotto il divano
Doris è una vedova di settantacinque
anni, ossessivamente precisa e ordinata. La donna ha una brutta caduta e non
riesce ad alzarsi, forse per via di una frattura, e si lamenta delle pulizie
effettuate dalla sua governante Zulema; dai suoi discorsi diventa presto
evidente che il suo costante assillo potrebbe essere stato il vero motivo della
morte prematura del marito. Sola e ferita, concepisce un pensiero che la
terrorizza: l'unico posto che le rimane nella società, ormai, è un ospizio. Per
questo motivo, quando un poliziotto viene a sincerarsi delle sue condizioni, lo
manda via dicendo di star bene. Viene lasciato intendere che di lì a poco Doris
morirà, ma almeno non andrà incontro a un destino da lei stessa ritenuto
terribile.
L’amore ci ha
fatto trionfare (…) come se l’amore fosse un antibiotico ad ampio spettro.
Ciò che emerge è la solitudine dei
personaggi che parlano.
A dover attraversare per forza la
solitudine, meglio sfruttarla. Esattamente come Alan Bennett, scrittore
attore ma soprattutto drammaturgo, che nella sua straordinaria carriera ha
sempre saputo ritagliare un ruolo principale per l’isolamento,
trasformandolo in arte: nessun dolore può risultare intollerabile, da non
poter far ridere, se presentato in un monologo dello sceneggiatore inglese.
Bennett accarezza con empatia e solidarietà, che non ha
eguali, le solitudini di tutti.
Senza gli altri, nella nostra mente da rifugio
eremitico, riusciamo sul serio a capire noi stessi, sembra suggerirci.
«Signore e signori» è una formula
che evoca la noia, e qui c'è sempre e soltanto un signore, o una signora.
UNA DONNA COME TANTE
PEGGY È UNA DONNA DI MEZZA ETA.
PARLA IN MACCHINA, DAVANTI A UN FONDALE
NEUTRO.
Lunedì sono stata bene. Martedì sono
stata bene. E anche mercoledì sono stata bene, almeno fino all'ora di pranzo,
dopodiché il mio caro piccolo trantran se n'è andato a carte quarantotto.
Una volta i tavoli dei dirigenti erano
delimitati dal cordone. Ora non più, ma loro continuano a riunirsi lì. «In
branco stanno più caldi» sintetizza Mr Rudyard.
Chi cresceva in provincia negli anni Quaranta
e Cinquanta imparava presto una lezione preziosa: la vita è una cosa che
succede quasi sempre altrove.
Il giorno dopo è fresca come una rosa.
Tutto dimenticato. O comunque non ne parla; solo mentre uscivano di casa ha
detto: “ Ti voglio bene sul serio, Graham”. “Anch’io ti voglio bene” ho
risposto. E lei: “Tanto, aveva una protesi acustica”. E poi: “Allora, cosa c’è
in programma oggi?”. “Pensavo di fare una capatina a Ripon”. !Oh, si, Ripon.
Carino. Potremmo andare a visitare la cattedrale. Li amiamo i vecchi edifici,
tu e io, vero?”.
Mi ha preso sottobraccio.
Quando sono rientrata Geoffrey stava
uscendo per il Vespro, venivo anch'io? Ho detto di no, e lui: Davvero? Va be', racconterò che
hai mal di testa». Perché? Uno dei grandi misteri della vita, o almeno della
mia vita, è: perché ci si aspetta che la moglie di un vicario vada in chiesa?
La moglie di un avvocato non è tenuta ad andare in tribunale, la moglie di un
attore non presenzia a ogni recita, quindi perché io devo essere sempre in
mostra? Tralasciamo poi la questione più ampia, cioè se una crede in Dio o no.
Si dà per scontato che la moglie di un vicario ci creda, ma in realtà la
questione non è mai posta, almeno non con Geoffrey. Capisco bene perché; i miei
capelli, il petto piatto, il sorriso smorto: basta guardarmi per pensare che
sono fatta su misura per Dio. E forse lo sono davvero. Eppure avrei preferito
che qualcuno mi consultasse. Non che conti qualcosa, chiaro. Finché sai gestire
una vendita di beneficenza con molto spirito, puoi credere in quello che ti
pare.
Un dio. Non il Dio.
Una donna di lettere
Alan Bennett
frammento
Assolvenza su Miss Ruddock davanti al muro
gigio di un istituto. Indossa una
uniforme, parla molto in fretta ed è
raggiante.
Dovrei
andare avanti col mio diario. Mrs Proctor ci fa tenere un diario, serve per il
corso di Critica letteraria. Le altre ragazze non sanno che cosa metterci
dentro, io non so che cosa lasciar fuori. I guaio è che non ho mai tempo per
scriverlo, sono indietro di tre giorni.
Sono
talmente occupata. La mattina c’è Terapia Occupazionale, e io ho scelto
Rilegatura e Sartoria. In Sartoria Mrs Dunlop mi ha sbattuto all'ultimo banco e
sto confezionando un abitino da
cocktail. Ho detto: «Ma non vado mai ai cocktail», E lei: «Be', adesso che hai
il vestito, puoi andarci», E per questo che siamo qui: nuovi orizzonti. E di
shantung, con un colletto a scialle. In Artigianato Lucille mi sta facendo una
collanona da metterci su.
Divido la stanza con Bridget, che è di
Glasgow. Faceva la prostituta a tempo perso e ha ammazzato il suo marmocchio,
per sbaglio, una volta che era ubriaca e furibonda. Faccino grazioso, non lo
diresti mai. Sua madre era cieca, ma faceva certi pasticcini da favola, e ha
tirato su una famiglia di nove persone in tre stanze. È proprio vero che
non si finisce
mai
di imparare. Comunque
ho fatto amicizia praticamcnte con tutti. Sono sempre in questo corridoio; spesso
la campanella suona mentre sto ancora facendo il mio giro di visite.
Ridono di me, lo so, ma senza cattiveria.
Lucille dice: «Sai che sei buffa, Irene. Non ti importa niente di essere in
prigione», «Prigione! » ho risposto, «Lucille, erano anni che non mi sentivo
cosi libera».
Certo che sono fortunata. Alle altre manca il
sesso. Uomini, uomini, uomini. Non parlano d'altro.
Nota bene, per me non e piú un mistero come
prima: Bridget mi ha illustrato la procedura step by step. In passato, se mai
mi fossi trovata a letto con un uomo, sarei stata un pesce fuor d'acqua, mentre
adesso almeno conosco i rudimenti, come dice Bridget. Chiaro che alla mia età
l'evento appare improbabile, ma è comunque piacevole aggiungere una nuova
freccia al proprio arco. Mi hanno anche insegnato a fumare. Non che voglia
diventare una fumatrice a tempo pieno, non sono il tipo e non voglio esserlo,
ma se per caso mi trovo in una situazione sociale che prevede la sigaretta,
tipo quando brindano in onore della Regina, adesso non faccio più brutta
figura. D'altronde la filosofia di questo posto e tutta qui: imparare cose
utili.
Al corso da segretaria vado alla grande,
Miss Macaulay dice che sono l'allieva migliore della classe avanzata. Batto a
macchina veloce come il vento. Miss Macaulay dice che non dobbiamo lasciarci sfuggire
l'occasione: se lei glielo chiedesse in ginocchio, forse (e sottolinea forse)
quelli dell'amministrazione potrebbero lasciarmi usare il computer. Poi il
piano è: Fase Uno, vado in semi libetà per qualche tempo, seguita dalla Fase
Due, un soggiorno in un istituto di riabilitazione dove sarò reintegrata nella
comunità. E finalmente Fase Tre, un posticino in un ufficio da qualche parte.
Ho domandato a Miss Macaulay: «Sarà un
problema essere stata in prigione? ». E lei: «Irene, con i tuoi requisiti non
sarebbe un problema essere stata nelle SS ».
Ma cosa non esce da quelle bocche! Viene proprio
da ridere. Hanno parole per cose che non sapevo nemmneno aessero un nome, devo
ammettere che adesso ogni tanto le mie parolacce le dico anch'io, ma solo
quando l'occasione lo richiede. L'altra sera ero seduta vicino a Shirley
durante l'ora di socializzazione. Shirley è molto obesa, credo per via delle
ghiandole, e stiamo cercando di mettere insieme una lettera al sua fidanzato. Insomma,
lei dice che è il suo fidanzato, ma ho dovuto ricominciare la lettera tre volte
perché prima lo chiamava Kenneth. poi Mark, e alla fine si è decisa per
Stephen. Il fatto è che balbetta, Shirley, e secondo me cercava solo un nome
che riuscisse a pronunciare. Non credo nemmeno che ce l'abbia un fidanzato,
vuole soltanto darsi un tono. E poi non dovrebbe essere qui, non ha tutte le
rotelle a posto, ma pare che non sappiano dove altro metterla, appicca incendi
dappertutto. Comunque eravamo nella sua stanza a inventarci qualcosa da
scrivere al cosiddetto fidanzato, quando irrompe Geraldine la Nera, si
spaparanza sul letto, e comincia a intromettersi chiedendole se questo
fidanzato è biondo, se ha i riccioli, e altre domande personali molto
sconvenienti che con Shirley sarebbe il caso di evitare. E Shirley si confonde
e balbetta, e Geraldine se la ride, insomma ho deciso di buttare alle ortiche
la diplomazia e ho detto a Geraldine di andare a fare il culo.
Lei si mette a sghignazzare e si precipita
nel corridoio gridando: «Sapete che cos'ha detto Irene? Sapete che cos'ha detto
Irene?». Appena è uscita Shirley fa: «Non dovevi dire cosi ». «Lo so, ma a volte
è necessario», «No, Irene, non intendo che non dovevi dirlo. Ma l'hai detto
sbagliato. Non è: vai a fare il culo», E che cos'è?». « È: vai a fare in culo».
È proprio una pasta di ragazza.
Pausa.
A volte Bridget si sveglia in piena notte
urlando, perchè ha sognato il marmocchio che ha ucciso, allora vado a sedermi
vicino a lei e le tengo la mano finché non si riaddormenta. C'è la mia
sveglietta che fa tic tac e sento i pioppi vicino al campo giochi stormire nel
vento e forse sta piovendo e io sono qui
seduta.
E sono talmente felice.
DISSOLVENZA.
FINE.
Al
ritorno avevo una fame da lupi, perciò mi sono fatta un uovo sodo sul
fornellino e l’ho gustato con una fetta di Ryvita davanti alla finestra. Il
sole la illuminata per un’ora soltanto, un sogno. Ho riordinato la stanza,
sbrigato un paio di faccende, poi ho fatto un saltino in biblioteca, un giretto
da Boots, ed era già mezzogiorno, è incredibile come vola il tempo. Se penso a
tutto quello che facevo una volta, neanche capisco più come riuscivo.
La
gamba è un po’ intorpidita, ma sono riuscita a riaccomodarmi sulla sedia. Me ne
starò ferma qui, il tempo di rimettermi un po’ in sesto. Cadere ti scombussola.
Flussi di coscienza, scenografia
minimale, un solo punto di vista. Bennet.
Quotidiana normalità.
Personaggi, quasi tutti femminili, con i loro
difetti, le loro ossessioni, le loro vendette ed i loro vaneggiamenti.
...
possiamo fingere di essere chi vogliamo agli occhi degli altri, ma sotto sotto
siamo comunque tutti un po’ deboli, disgustosi e… imbarazzanti.
L’immagine
di un mondo chiuso, dalla mentalità ristretta, ma che risulta inevitabilmente
comico.
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