venerdì 9 giugno 2017

...il mulo coi cesti d’uva

...il mulo coi cesti d’uva che risale la collina, Roma coi lungoteveri e le “sentinelle del sesso battono in spossanti attese intorno a terree latrine”, il pastore che dorme col suo gregge

Ecco chi sono gli esemplari vivi, vivi, di una parte di noi che, morta, ci aveva illuso d’esser nuovi – privi d’essa per sempre

L’azione è rivoluzionaria, la passione è più regressiva, è intenerimento

Lo scandalo del contraddirmi, dell'essere
con te e contro te; con te nel cuore,
in luce, contro te nelle buie viscere;

del mio paterno stato traditore
- nel pensiero, in un'ombra di azione -
mi so ad esso attaccato nel calore

degli istinti, dell'estetica passione;
attratto da una vita proletaria
a te anteriore, è per me religione

la sua allegria, non la millenaria
sua lotta: la sua natura, non la sua
coscienza; è la forza originaria

dell'uomo, che nell'atto s'è perduta,
a darle l'ebbrezza della nostalgia,
una luce poetica: ed altro più

io non so dirne, che non sia
giusto ma non sincero, astratto
amore, non accorante simpatia...

...io possiedo la storia,
essa mi possiede; ne sono illuminato:
ma a che serve la luce?

Me ne vado, ti lascio nella sera
che, benché triste, così dolce scende
per noi viventi, con la luce cerea

rotolio dei tram, dei gridi umani

corporea, collettiva presenza

la sopravvivenza nel cui arcano orgasmo non ci sia altra passione che per l’operare quotidiano...

A via Zabaglia, a via Franklin… manca poco alla cena… i rari autobus del quartiere brillano con grappoli d’operai agli sportelli… e i militari vanno, senza fretta, verso il monte che cela fra mucchi secchi d’immondizia, rintanate zoccolette che aspettano irose sopra la sporcizia afrodisiaca… e non lontano i ragazzi leggeri come stracci giocano alla brezza primaverile

Solo l’amare, solo il conoscere conta, non l’aver amato, non l’aver conosciuto. Dà angoscia il vivere di un consumato amore. L’anima non cresce più”.

Stupenda e misera città, che m’hai insegnato ciò che allegri e feroci gli uomini imparano bambini…, come andare duri e pronti nella ressa delle strade, rivolgersi a un altro uomo senza tremare…, a difendermi, a offendere…, a capire che pochi conoscono le passioni in cui io sono vissuto…

Povero come un gatto del Colosseo, vivevo in una borgata tutta calce e polverone, lontano dalla città e dalla campagna, stretto ogni giorno in un autobus rantolante… era un calvario di sudore e di ansie… di borgate tristi, beduine, di gialle praterie sfregate da un vento senza pace…, di deperiti e duri ragazzini stridenti nelle canottiere a pezzi…, i soli africani, le piogge agitate che rendevano torrenti di fango le strade, gli autobus ai capolinea affondati nel loro angolo…, era il centro del mondo, com’era al centro della storia il mio amore per esso

Si moltiplicava per mille la gioia del conoscerlo – come ogni uomo, umilmente, conosce. Marx o Gobetti, Gramsci o Croce, furono vivi nelle vive esperienze… I pochi amici che venivano da me, nelle mattine o nelle sere dimenticate sul Penitenziario, mi videro dentro una luce viva: mite, violento rivoluzionario nel cuore e nella lingua

che pena m’invade, davanti a questi attrezzi supini, sparsi qua e là nel fango, davanti a questo canovaccio rosso che pende a un cavalletto… Piange ciò che ha fine e ricomincia. Ciò che era area erbosa, aperto spiazzo, e si fa cortile, bianco come cera, chiuso in un decoro ch’è rancore…

Com’era nuovo nel sole Monteverde vecchio!

Non si dà cultura, cioè ricerca scienza verità, se non estremista, se non persuasa della propria decisività. L’opportunismo e la diplomazia non sono né storicismo né dialettica

l’ora è confusa, e noi come perduti la viviamo…, mi mormoravi, amaro, disilluso di ciò che hai avuto per dieci anni dentro, così chiaro che tra mondo e mente quasi era un idillio:…

Hai voluto che la tua vita fosse una lotta. Ed eccola ora sui binari morti, ecco cascare le rosse bandiere, senza vento

E io… io cedo: posso soltanto appassionarmi, come sempre: pazzo, ché dovrei tacere, non offrire il fianco...

E’ già vecchio il piano di lotta di ieri, cade a pezzi sui muri il più fresco manifesto

si riapre nel rosso sole del meriggio d’autunno ancora afoso, in un’aria di morte, la vostra festa…

non resta nulla di vivo: neanche i colpi acerbi dei giovani pugili…

Pier Paolo Pasolini
Le Ceneri di Gramsci


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