venerdì 13 maggio 2022

Di guardia - Umberto Fiori

 Di guardia - Umberto Fiori


Mi conoscono bene, hanno ragione:

io sono come un cane,

una di quelle bestie nere che dormono

intorno ai capannoni industriali

e se passi, si avventano di colpo

sulla rete metallica

e più gli dici “Buono!”, più si sgolano.

Adesso, chi li consola?

Finché non hai girato l’angolo

gli bolle il sangue. Tirano tutti sordi.

Scoprono i denti, mordono

anche il filo spinato; ma sono gli occhi

che fanno più paura: sereni

e puri come quelli di un neonato

o di una statua.

Hanno imparato il compito: questo recinto

tenerlo sgombro. Sia senso del dovere

o invece solo istinto, non ti commuove

almeno per un attimo

la scena che -loro- sempre, tutta la vita,

li fa smaniare, li esalta

e li avvelena?

Io, per me, lo capisco

meglio di tutti gli altri che ho mai sentito,

questo discorso.

La riconosco bene la voce

fanatica, che sbraita per difendere

-così, alla cieca, per pura gelosia-

l’angolo dove l’hanno incatenata.

Tu non sai che cos’è, stare di guardia,

in ogni odore

sentire una minaccia

a quei tre metri di terreno,

urlare in faccia al mondo intero

fino a perdere il fiato, e non sapere

cosa c’è da salvare, a che cosa

veramente si tiene.


(da Chiarimenti, 1995)

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