mercoledì 26 giugno 2024

Tucidide - Dialogo degli ateniesi e dei melii sulla giustizia in guerra

 

Dialogo degli ateniesi e dei melii sulla giustizia in guerra

Tucidide

Melii

Pure, la presente riunione è stata indetta per discutere della nostra salvezza, e la discussione si svolga, se vi piace, nel modo in cui ci invitate a discutere.

Ateniesi

Noi dunque non vi offriremo una non persuasiva lungaggine di parole con l’aiuto di belle frasi, cioè che il nostro impero è giusto perché abbiamo abbattuto i Medi o che ora perseguiamo il nostro diritto perché siamo stati offesi; ma ugualmente pretendiamo che neppur voi crediate di persuaderci dicendoci che, per quanto coloni dei Lacedemoni, non vi siete uniti a loro per farci guerra o che non ci avete fatto alcun torto. Pretendiamo invece che si mandi ad effetto ciò che è possibile a seconda della reale convinzione che ha ciascuno di noi, ché noi siamo certi, di fronte a voi, persone informate, che nelle considerazioni umane il diritto è riconosciuto in seguito a una uguale necessità per le due parti, mentre chi è più forte fa quello che può e chi è più debole cede.

Melii

A nostro parere, almeno, è utile (è necessario infatti usare questo termine, dal momento che avete così proposto di parlare dell’utile invece che del giusto) – è utile che noi non distruggiamo questo bene comune, ma che sia conservata la giustizia a colui che di volta in volta si trova in mezzo ai pericoli, e che sia avvantaggiato colui che riesce a persuadere un altro anche senza raggiungere i limiti dell’esattezza più rigorosa. E questo fatto non è meno utile nei vostri riguardi, in quanto in caso di insuccesso sarete d’esempio agli altri a prezzo di una severissima punizione.

Ateniesi

Ma noi non temiamo la fine del nostro impero se anche dovesse finire, ché non sono terribili per i vinti quelli che, come i Lacedemoni, comandano agli altri (e del resto la presente contesa non riguarda noi e i Lacedemoni), bensì i soggetti, qualora di propria iniziativa assalgano chi li comanda e lo sottomettano. E su questa questione ci sia permesso di correre rischi: ma che noi siamo qui per avvantaggiare il nostro impero e che, per salvare la vostra città, ora vi facciamo questi discorsi, tutto ciò ve lo mostreremo, intenzionati a comandare a voi senza affrontare fatiche e a salvarvi con utilità per entrambi.

Melii

E come può derivare dell’utile a noi dall’essere vostri schiavi, come a voi dal comandarci?

Ateniesi

Perché a voi toccherebbe obbedire invece di subire la sorte più atroce, mentre noi se non vi distruggessimo ci guadagneremmo.

Melii

E che noi restando in pace fossimo amici invece che nemici, ma alleati di nessuna delle due parti, non l’accettereste?

Ateniesi

No, perché la vostra ostilità non ci danneggia tanto quanto la vostra amicizia, manifesto esempio per i sudditi della nostra debolezza, mentre l’odio lo è della nostra potenza.

Melii

È così che vedono la giustizia i vostri sudditi, sì da porre sullo stesso piano quei popoli che non hanno niente a che fare con voi e quelli che, vostri coloni per la maggior parte e vostri ribelli in un certo numero, sono stati da voi assoggettati?

Ateniesi

Sì, perché credono che né gli uni né gli altri manchino di giustificazioni per se stessi, e credono che alcuni di loro possano salvarsi grazie alla loro potenza, mentre noi non li assaliamo per paura. Sicché, oltre a farci comandare a un maggior numero di persone, voi con la vostra sottomissione ci fornireste la sicurezza, tanto più se voi, isolani e per giunta più deboli di altri, siete sconfitti da un popolo dominatore del mare.

Melii

E nell’altro caso non credete che vi sia la sicurezza? Giacché, come voi ci avete distolto dal discorrere della giustizia e ci avete consigliato di obbedire a ciò che è utile per voi, così noi, mostrandovi il nostro vantaggio, dobbiamo cercare di persuadervi anche sul seguente punto, cioè nel caso che il nostro utile coincida anche col vostro. Ché tutti quelli che ora sono neutrali, come non ve li renderete nemici allorché, guardando a quanto avviene a noi, penseranno che un giorno voi assalirete anche loro? E in tal caso, che altro farete se non aumentare i nemici che avete di già e persuadere i riluttanti a esserlo, mentre ora non ne hanno nessuna intenzione?

Ateniesi

No, perché noi non consideriamo pericolosi quelli che, abitatori di qualche parte della terraferma, grazie alla loro libertà intatta si guarderanno bene dallo stare sulla difensiva nei nostri riguardi; al contrario, noi temiamo quelli che, da qualche parte, sono isolani e non soggetti al nostro impero, come voi, insieme a quelli che ormai sono esasperati dalla costrizione del nostro comando. Ché costoro, abbandonandosi a calcoli errati, potrebbero numerosissime volte esporre se stessi e noi a un manifesto pericolo.

Melii

Ma, certo, se voi affrontate tali pericoli perché il vostro impero non abbia mai fine, e se i vostri sudditi li affrontano per liberarsene, per noi che siamo ancora liberi sarebbe grande viltà e debolezza il non affrontare ogni vicissitudine prima di essere schiavi.

Ateniesi

No, se la vostra deliberazione sarà ispirata a saggezza: ché per voi la lotta ora non è su di un piano di parità, per decidere l’eccellenza dell’uomo, cioè per non essere tacciati di un’onta; ora piuttosto si decide la salvezza, cioè di non opporsi a chi è molto più forte. […]

Melii

Certo anche noi, siatene sicuri, pensiamo che sia difficile lottare contro le vostre forze e contro la sorte, se essa non sarà favorevole. Pure, noi confidiamo di non essere in stato di inferiorità per quanto riguarda la sorte che ci manderà la divinità, giacché noi, pii, ci opponiamo a persone ingiuste, e abbiamo fiducia che la lacuna delle nostre forze sarà riempita dall’alleanza coi Lacedemoni, i quali saranno costretti ad aiutarci se non altro per dovere di consanguineità e per sentimento di onore. E insomma, la nostra audacia non ci sembra del tutto infondata.

Ateniesi

Ma per quanto riguarda la pietà dei sentimenti verso la divinità, neppur noi crediamo di restare indietro, ché noi non esigiamo né facciamo alcuna cosa che devii dalle umane credenze nei confronti della divinità o dagli umani desideri nei confronti di se stessi. [2] Noi crediamo infatti che per legge di natura chi è più forte comandi: che questo lo faccia la divinità lo crediamo per convinzione, che lo facciano gli uomini, lo crediamo perché è evidente. E ci serviamo di questa legge senza averla istituita noi per primi, ma perché l’abbiamo ricevuta già esistente e la lasceremo valida per tutta l’eternità, certi che voi e altri vi sareste comportati nello stesso modo se vi foste trovati padroni della nostra stessa potenza.

Nessun commento:

Posta un commento