Sylvia von Harden – Otto Dix –
1926
Repubblica di Weimar, a due passi dal baratro.
La giornalista (Sylvia) è ritratta coi connotati borghesi, vestito
ricercato, bocchino, monocolo.
Due passi, piccoli camminamenti mattutini, slanci, tentativi speculari.
Marocchino e ciambella.
Buona!
Con lo zucchero.
L’omino scarabocchia una croce
sul mio abbonamento-colazione, dieci colazioni diciotto euro: brioche e
marocco.
Un cartoncino verde con su scritto: Torrefazione – Caffe` miscela Picchio –
Abbonamento – Dieci quadratini numerati.
Ne sono rimasti solo due liberi: il sette e l’otto.
L’omino non ha rispettato l’ordine numerico, oblitera a caso, il primo
quadratino che gli capita: zacchete!
I quadratini sette e otto sono liberi.
Non sono quadratini, sono rettangolini.
Scarabocchia con la penna, l’omino segna
il consumo della mia colazione dicendo: fatto!
-Ho servito il marocchino e la brioche al cliente, è soddisfatto, segno su
carta il suo consumo avvenuto-.
Penso alle mie letture serali: Eros e civiltà` di Herbert Marcuse.
Principio del piacere.
Principio della realtà.
Principio della prestazione.
Navigo con la mia mente, il mio approccio naïf.
Il mio libero camminamento.
Il piacere è ontologico, appartiene a noi.
E` interno, non classificabile, ne eticamente gestibile.
La realtà è un macigno, pesante e gravoso, fardellante, fardellato è spropositato.
Atrofizza e distrugge
l’ontologico.
E` schiavo di un’etica, quasi mai scritta.
Vive di regole, si ciba del nulla, parla dall’alto.
E` un abito vuoto.
E` inesistente, eppure esiste.
La prestazione è l’uso cognitivo della ragione.
Il calcolo, l’empirico portato a legge.
Binario!
Misura la produzione, tende al
consumo, mangia (anch’esso) l’ontologico.
Il piacere è accerchiato, colpito continuamente.
Sopravvive ai colpi.
Guardo il dipinto di Otto Dix.
Ad un passo dal baratro, dall’inizio della nefandezza nazionalsocialista di
Hitler.
Guarda: quando poco piacere sappiamo
seguire, e come siamo storti, imbellettati!
luciopicca
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