venerdì 23 dicembre 2016

Urlo!


Urlo

 

E poi la parola, ah, le parole! Bisogna stare attenti con le parole, bisogna trovare sempre la parolina giusta, quella in grado di dare la cifra esatta di quello che si vuole dire. Le parole sono una cosa delicata, il percorso che va dal cervello alla lingua è la distanza più lunga che si può percorrere. Ad esempio, io non capisco la parola «malessere», la parola «disagio». Sono parole cave, vuoti lemmi anestetizzati dall’uso. Malessere non vuol dire un cazzo, disagio non vuol dire un cazzo. Che cazzo vogliono dire? «Cucchiaio» vuol dire qualcosa, e anche «casa» vuol dire qualcosa. Tutti hanno un cucchiaio e sanno cosa vuol dire. Tutti hanno una casa o ne desiderano il concetto. Tutti hanno anche un malessere, ma il mio malessere è diverso dal tuo e pertanto non posso sapere come stai. Quindi quando trovo scritto, nelle recensioni o nelle quarte, che qualcosa o qualcuno «dà voce a un malessere» mi girano le palle. Se poi di questo malessere si dice pure che è «generazionale» divento una bestia. I ghiacciai che si sciolgono mentre parli non sono l’espressione di un disagio, sono un dolore di specie. E sono oltretutto una cosa terribile e terribilmente vera, che ci sopraffarà tutti (è di questi giorni la notizia che il Polo nord nel 2040 sarà un mare. Un mare, qualcuno se ne sta rendendo conto?, un mare: non ci saranno i ghiacciai, gli iceberg, gli animali di quelle terre. Non ci sarà un cazzo di niente, ci sarà un mare, e noi se saremo vivi nuoteremo nella nostra merda artica e penseremo che chi cazzo se ne frega degli orsi bianchi e dell’equilibro del sistema naturale, e delle specie, e delle possibilità di un futuro per tutti: «cosa racconteremo, ai figli che non avremo, di questi cazzo di anni zero»). Se penso a quello che succede, a come vanno le cose, a come sta il mondo, a come sto io.

(Tratto da: Andiamo a vedere Le luci della centrale elettrica di Andrea Tarabbia)

 

 

Fa bene urlare, esagerare, tingere di nero il grigio.

E’ una forma di reazione, si percepisce un disagio, non si sa come risolverlo:

Urla! Urliamo!

 

Si esagera.

Il mondo cambia, diviene, non è sempre un male.

Non sappiamo spiegarlo.

Abbiamo paura.

L’Ottocento ci donò lo slancio per capire, sembrava che potessimo chiudere il cerchio.

 Il Novecento ci donò la quantistica: - Uomo sei piccolo, piccolino, credevi di poter dominare, sei stato dominato.

Il CAOS è un brivido

  • corri, corri quel brivido non lo raggiungi-
     
    Posso iniziare la mia mattinata
    Bye
    Lucio

Nessun commento:

Posta un commento