mercoledì 11 gennaio 2017

AMARCORD

AMARCORD


La mia parola preferita è: Amarcord. E' una parola del mio dialetto, che grazie al film
omonimo di Fellini è diventata di facile comprensione anche fuori dall'Emilia-Romagna.
Letteralmente: mi ricordo. E' in grado di contenere tutto ciò a cui tengo di più: i ricordi.
Che possono essere sì, passati, ma anche presenti e futuri. Amarcord della cartella di
scuola, quanto era pesante, della pendicite in peritonite, del primo bacio avuto e dato,
del primo pugno dato e avuto, di quell'incidente grave in cui ho perso un'amica, del
sorriso di mia madre, della Nutella quando la mangiavo a chili, delle volte che vedevo i
miei amici farsi delle pere, della volta che divenni campionessa regionale d'atletica, delle
volte che piansi per amore. Amarcord che stasera vado a cena al ristorante libanese con
le mie amiche, che devo passare a prendere quel pacco tanto importante in posta, che
devo telefonare al mio ex per fargli gli auguri di compleanno, che ho 450 euro di bollette
arretrate da pagare, che devo masterizzare l'ultimo cd dei Muse, che devo spolverare la
libreria prima di ospitare il mio amico che sta arrivando da Genova.
Amarcord che tra una settimana parto per Berlino, tra qualche mese finirò il mio nuovo
romanzo, che a
primavera dovrò tagliare i capelli che saranno già troppo lunghi e io coi capelli lunghi non
mi piaccio, che tra qualche anno avrò un figlio, che forse emigrerò in altro continente.
Amarcord è tutta la mia vita. Con in più il fatto che mi ricordo d'averla.


(Cinzia Bomoll)

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