DOROTEA - Italo Calvino
Della città di
Dorotea si può parlare in due maniere: dire che quattro torri d'alluminio
s'elevano dalle sue mura fiancheggiando sette porte dal ponte levatoio a molla
che scavalca il fossato la cui acqua alimenta quattro verdi canali che
attraversano la città e la dividono in nove quartieri, ognuno di trecento case e
settecento fumaioli; e tenendo conto che le ragazze da marito di ciascun
quartiere si sposano con giovani di altri quartieri e le loro famiglie si
scambiano le mercanzie che ognuna ha in privativa: bergamotti, uova di storione,
astrolabi, ametiste, fare calcoli in base a questi dati fino a sapere tutto
quello che si vuole della città nel passato nel presente nel futuro; oppure dire
come il cammelliere che mi condusse laggiù: "Vi arrivai nella prima giovinezza,
una mattina, molta gente andava svelta per le vie verso il mercato, le donne
avevano bei denti e guardavano dritto negli occhi, tre soldati sopra un palco
suonavano il clarino, dappertutto intorno giravano ruote e sventolavano scritte
colorate. Prima d'allora non avevo conosciuto che il deserto e le piste delle
carovane. Quella mattina a Dorotea sentii che non c'era bene della vita che non
potessi aspettarmi. Nel seguito degli anni i miei occhi sono tornati a
contemplare le distese del deserto e le piste delle carovane; ma ora so che
questa è solo una delle tante vie che mi si aprivano quella mattina a
Dorotea”.
Italo
Calvino, Le città
invisibili
Nessun commento:
Posta un commento