L’uomo in piedi.
In piedi, poggia la mano sinistra sul manubrio, lo sguardo è rivolto
all’indietro. Gli occhi sono nascosti sotto il cappello. La vespa è sull’aiuola
spoglia, senza erba né fiori. E’ targata: ti esse dodici novecentosedici.
Sul lato destro della strada ci sono dei camion, sullo sfondo un gruppo
folto di persone. Ho tra le mani una cartolina formato dieci per quindici, in bianco e nero.
La didascalia recita: ”Ai confini: lo
sguardo reciproco”.
Siamo sul confine orientale italiano negli anni del dopoguerra. La
cartolina invita ad un incontro che si terrà nella Villa Mylius di Sesto San
Giovani, ore ventuno, venerdì tredici febbraio duemilanove, interverrà il
sindaco.
Guardo l’uomo appoggiato alla
bicicletta, non ha lo sguardo diretto verso il confine. I suoi occhi “mirano” indietro, forse aspetta
qualcuno: è retrospettivo. I pantaloni sono rattoppati, indossa una giacca
grigio scuro. Nel lato opposto della strada, vicino ai camion, una donna è
abbracciata da un uomo. Anch’essi rivolgono le spalle al confine.
Non ci sono sguardi reciproci, non vi è scambio; c’è un misto di attesa e
disinteresse. Chiusi nei limiti e nell’immobilità di una foto scattata più di
cinquant’anni fa.
Ore ventuno, la sala è gremita. Tutti aspettiamo il docente che parlerà
della scrittura creativa; ci sono anziani, universitari, gente comune. La mia
mente è rapita dai pensieri dell’uomo appoggiato alla bicicletta. Non sono
attratto dallo sguardo: né reciproco, né retrospettivo.
luciopicca
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