venerdì 10 marzo 2017

Le invasioni barbariche, note



Le invasioni barbariche
(Les Invasions Barbares - 2002)
Denys Arcand


Chi sono i barbari?  

Non dimentichiamo che la parola “barbari” è stata creata dai greci, e poi usata dai romani, per indicare gli "altri", i popoli che vivono al di là del confine. Quindi la nozione di "barbari" è culturale, e legata alla contingenza geografica e politica

Remy, dunque, è un professore di storia che sta per morire. Umanistico e umano (troppo umano), è anche un uomo insopportabile, un ex donnaiolo tutt´altro che pentito e un pessimo marito e padre di famiglia. Suo figlio viene raggiunto dalla notizia in quel di Londra, dove lavora in Borsa: è l´esatto opposto del padre, yuppie e tecnologico, e ritiene di non aver nulla da dirgli neppure in punto di morte.

La filosofia di un impero nasconde solo la debolezza di un popolo, la follia passeggera di un metodo e perché no di un'utopia

Le invasioni barbariche sono il segno tangibile di un cambiamento sempre in corso, di una mutazione inevitabile che passa attraverso la morte dei pupazzi "intelligenti".

Disagio del vivere nella società dei consumi o nella società dove il Denaro è praticamente tutto.


Si è continuamente invasi, il nostro vivere è continuamente  “attacato” dall’altro, e il nostro va difeso. Si deve necessariamente inserire in questo contesto il dibattito e il confronto, l’intelligenza degli interlocutori è lo strumento primario di dialogo e di rispetto, l’accettazione del compromesso, salvaguardando le differenze, è inevitabile anche se riduttiva.

Lo stimolo egoistico di sopraffazione nel rapporto forza-debolezza è parte del gioco, l’affermazione è biologica-animalesca ma il cuscinetto è rappresentato dalle capacità intellettuali e creative.

L’invasione del diverso, del barbaro, della difficoltà ma soprattutto la voglia di non confrontarsi. Il nostro occidente organizza tutto, sotto la regola democratico-illuminista, crediamo di avere il logos della vita e la risposta, terrena, ai problemi di convivenza. Ci si accorge che nessuno, neanche noi, siamo in grado di gestire, e ne abbiamo paura, e allora attacchiamo. Si attacchiamo. Credo che l’11 settembre sia il risultato di un difesa al nostro attacco, una difesa non condivisibile, ma comunque difesa.

La “guerra”, intesa come scontro di forze-idee diverse è inevitabile, l’eccellenza dell’uomo ne deve modificare l’espressione e il modo inserendo il confronto, mantenendo le differeze, rifiutando gli integralismi e l’ortodossia.

La continua progressione è necessaria.

E’ difficile sapere chi è IL BARBARO!

Il film ispira anche ad altre riflessioni sull’intelletto umano, soprattutto la vitale, inebriate voglia dell’uomo di non accettare la sua condizione, qualunque essa sia e di volere mettere sempre un passo in avanti in un continuo modificarsi. Questo è positivo e vitale, rappresenta il progresso continuo. Credo anche che il perdersi sia inevitabile, le certezze che acquisiamo, e la sicurezza che ne deriva in un attimo possono crollare, e ci ritroviamo con nuove molteplici variabili da metabolizzare. Il film ispira la critica del tutto, qui dove siamo, lá da dove ci attaccano. Tutti siamo barbari in questa nuova sfida, il denaro e il profitto nulla possono, ma neanche la cultura e l’intelletto sembra che abbiamo terreno fertile, tutto diventa relativo – meglio così- . Il nostro occidente sembra che ci doni l’alto uso dell’intelletto che in qualche modo tutto spiega, per poi  ricadere nel caos e ricominciare dinuovo.

Remy lotta, si adira, vive nella carne e nella cultura, nell’Umanesimo, è contrario al profitto e all’uso scellerato del denaro, non condivide lo stile di vita del figlio e tutto gli è confuso, vuole solo un tramonto, un lago, lui e il figlio, le sue emozioni e l’accettazione che non comprendiamo niente, gli appigli crollano e rimane l’Uomo.

luciopicca

 

 


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