Alberto Moravia
Incipit del
capitolo secondo: ” L’ amore coniugale “
Ho Parlato
sinora di mia moglie, è tempo che dica qualcosa di me. Sono alto magro, con un
viso energico dai tratti marcati e asciutti. Forse, a guardar meglio, si
potrebbe scoprire qualche debolezza nella forma del mento e nel disegno della
bocca; ma tant’è, ho un viso volontario e forte che non rassomiglia affatto al
mio vero carattere, sebbene spieghi in parte alcune contraddizioni di esso.
Forse il mio tratto più notevole è la mancanza di fondo. Qualsiasi cosa faccia
o dica sono tutto quanto in quello che dico e faccio e non ho nulla in riserva
su cui ricadere nel caso debba ritirarmi. Sono insomma un uomo tutto
avanguardia, senza grosso dell’esercito nè retroguardia. Da questo carattere
viene la mia facilità all’entusiasmo: per ogni nonnulla mi esalto. Ma questo entusiasmo è un po’ come
un cavallo che salti una siepe molto alta senza il cavaliere, il quale è
rimasto a terra dieci metri addietro e morde la polvere. Voglio dire che è un
entusiasmo a cui fa quasi sempre difetto il sostegno di quella forza effettiva
e intima senza la quale qualsiasi entusiasmo si dissolve in velleità e
retorica. E infatti sono inclinato alla retorica, a scambiare cioè le parole
per fatti. La mia retorica è del genere sentimentale; poichè vorrei amare e
spesso mi illudo di farlo quando invece non ho che parlato. In questi momenti
ho la lagrima facile, balbetto e mi lascio andare a tutti gli atteggiamenti di
un sentimento traboccante. Ma sotto queste apparenze fervide, spesso nascondo
una sottigliezza acre e persino meschina che mi rende duplice e non rappresenta
alcuna forza essendo semplicemente l’espressione del mio egoismo. […]
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